Piano triennale di prevenzione della corruzione
Consiglio Notarile Distrettuale
di
TERNI
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Piano triennale di prevenzione della corruzione
Triennio 2022-2024
Adottato dal Consiglio Notarile Distrettuale di TERNI, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in data 24 ottobre 2022 ai sensi della legge n. 190/2012 e delle delibere ANAC nn. 144/2014 e 145/2014
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- Il sistema di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche
Con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012) è stata introdotta la disciplina delle misure per limitare il verificarsi di fenomeni corruttivi e contrari alla legalità all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti comunque esercenti pubbliche funzioni o svolgenti attività di pubblico interesse.
La legge n. 190/2012 disciplina:
- la strategia nazionale di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali;
- i soggetti istituzionali deputati a coordinare le modalità di prevenzione e contrasto alla corruzione;
- la riforma del codice penale e di quello civile al fine di inasprire la lotta alla corruzione.
L’adozione di specifiche norme per contrastare i fenomeni sopra indicati si è resa necessaria al fine di promuovere l’etica e la legalità nei soggetti deputati all’esercizio di attività di pubblico interesse.
A seguito della legge n. 190/2012 sono stati adottati i seguenti decreti attuativi:
- lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, recante “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”;
- lgs. 14 marzo 2013, n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”;
- lgs. 8 aprile 2013, n. 39, recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico”;
- P.R. 16 aprile 2013, n. 62 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici a norma dell’art. 54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165”.
Con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche sono state previste alcune modifiche alla legge n. 190/2012 e al d.lgs. n. 33/2013, è stato introdotto, tra l’altro, il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. “FOIA” – Freedom) ed è stato soppresso il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Il Piano Nazionale Anticorruzione 2019 (di seguito anche: “PNA 2019”) adottato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche: “ANAC”) con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, richiamata la propria natura di atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni italiane ai fini dell’adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, ha ritenuto opportuno precisare il contenuto della nozione di “corruzione” e di “prevenzione della corruzione”.
Quanto al primo aspetto, l’ANAC ha evidenziato come sia per la Convenzione ONU che per altre Convenzioni internazionali predisposte da organizzazioni internazionali, (es. OCSE e Consiglio d’Europa) firmate e ratificate dall’Italia, la corruzione consista «in comportamenti soggettivi impropri di un pubblico funzionario che, al fine di curare un interesse proprio o un interesse particolare di terzi, assuma (o concorra all’adozione di) una decisione pubblica, deviando, in cambio di un vantaggio (economico o meno), dai propri doveri d’ufficio, cioè dalla cura imparziale dell’interesse pubblico affidatogli. Questa definizione, che è tipica del contrasto penalistico ai fenomeni corruttivi, volto ad evitare comportamenti soggettivi di funzionari pubblici (intesi in senso molto ampio, fino a ricomprendere nella disciplina di contrasto anche la persona incaricata di pubblico servizio), delimita il fenomeno corruttivo in senso proprio. Nell’ordinamento penale italiano la corruzione non coincide con i soli reati più strettamente definiti come corruttivi (concussione, art. 317, corruzione impropria, art. 318, corruzione propria, art. 319, corruzione in atti giudiziari, art. 319-ter, induzione indebita a dare e promettere utilità, art. 319-quater), ma comprende anche reati relativi ad atti che la legge definisce come “condotte di natura corruttiva”. L’Autorità, con la propria delibera n. 215 del 2019, sia pure ai fini dell’applicazione della misura della rotazione straordinaria, ha considerato come “condotte di natura corruttiva” tutte quelle indicate dall’art. 7 della legge n. 69 del 2015, che aggiunge ai reati prima indicati quelli di cui agli art. 319-bis,321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis del codice penale. Con questo ampliamento resta ulteriormente delimitata la nozione di corruzione, sempre consistente in specifici comportamenti soggettivi di un pubblico funzionario, configuranti ipotesi di reato».
In ordine alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, l’ANAC, richiamati i contenuti e le direttive delle Convenzioni Internazionali di riferimento, ha precisato che «per essere efficace, la prevenzione della corruzione deve consistere in misure di ampio spettro, che riducano, all’interno delle amministrazioni, il rischio che i pubblici funzionari adottino atti di natura corruttiva (in senso proprio). Esse, pertanto, si sostanziano tanto in misure di carattere organizzativo, oggettivo, quanto in misure di carattere comportamentale, soggettivo.
Le misure di tipo oggettivo sono volte a prevenire il rischio incidendo sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Tali misure preventive (tra cui, rotazione del personale, controlli, trasparenza, formazione) prescindono da considerazioni soggettive, quali la propensione dei funzionari (intesi in senso ampio come dipendenti pubblici e dipendenti a questi assimilabili) a compiere atti di natura corruttiva e si preoccupano di precostituire condizioni organizzative e di lavoro che rendano difficili comportamenti corruttivi.
Le misure di carattere soggettivo concorrono alla prevenzione della corruzione proponendosi di evitare una più vasta serie di comportamenti devianti, quali il compimento dei reati di cui al Capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale (“reati contro la pubblica amministrazione”) diversi da quelli aventi natura corruttiva, il compimento di altri reati di rilevante allarme sociale, l’adozione di comportamenti contrari a quelli propri di un funzionario pubblico previsti da norme amministrativo-disciplinari anziché penali, fino all’assunzione di decisioni di cattiva amministrazione, cioè di decisioni contrarie all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione, in primo luogo sotto il profilo dell’imparzialità, ma anche sotto il profilo del buon andamento (funzionalità ed economicità)».
L’Autorità ha pertanto sottolineato che «con la legge 190/2012, è stata delineata una nozione ampia di “prevenzione della corruzione”, che comprende una vasta serie di misure con cui si creano le condizioni per rendere sempre più difficile l’adozione di comportamenti di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nei soggetti, anche privati, considerati dalla legge 190/2012», venendo perciò in rilievo un intervento normativo con il quale «non si modifica il contenuto tipico della nozione di corruzione ma per la prima volta in modo organico si introducono e, laddove già esistenti, si mettono a sistema misure che incidono laddove si configurano condotte, situazioni, condizioni, organizzative ed individuali - riconducibili anche a forme di cattiva amministrazione - che potrebbero essere prodromiche ovvero costituire un ambiente favorevole alla commissione di fatti corruttivi in senso proprio».
La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di adeguate misure di prevenzione e contrasto alla corruzione in ogni amministrazione pubblica o ente comunque obbligato, attraverso l’elaborazione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), anche sulla base delle indicazione fornite attraverso il PNA, a seguito dell’analisi e valutazione dei rischi corruttivi ipotizzabili all’interno dell’organizzazione oggetto di analisi.
Il PTPCT rappresenta il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione della corruzione. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.
Il Piano è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e degli specifici rischi corruttivi, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna misura e dei tempi.
Il PTPCT contiene:
- l’individuazione delle aree sensibili al rischio corruttivo;
- l’individuazione per ogni area degli interventi per ridurre i rischi;
- la programmazione delle iniziative di formazione;
- l’individuazione dei referenti e dei soggetti tenuti a relazionare al Responsabile per la prevenzione;
- l’individuazione delle misure di trasparenza;
- la definizione delle misure per l’aggiornamento e il monitoraggio del Piano stesso;
- l’individuazione delle modalità e dei tempi di attuazione delle altre misure di carattere trasversale contenute nella legge n. 190/2012 e nei suoi decreti attuativi.
La prevenzione della corruzione si fonda sul processo di gestione del “rischio” (risk management):
- il verificarsi di fatti corruttivamente rilevanti viene identificato come “rischio” idoneo ad incidere sul corretto perseguimento di interessi pubblici;
- il “rischio” rappresenta, quindi, un “costo” che mina il corretto impiego delle risorse e riduce “le performance” dell’amministrazione;
- il “rischio corruzione” non consente di garantire adeguatamente i principi di efficienza, efficacia ed economicità che sono posti a fondamento dell’azione amministrativa;
- il “rischio corruzione” produce danni economicamente rilevanti che si riflettono sul sistema economico-finanziario del Paese.
Sul punto il PNA 2019, precisato che «poiché ogni amministrazione presenta differenti livelli e fattori abilitanti al rischio corruttivo per via delle specificità ordinamentali e dimensionali nonché per via del contesto territoriale, sociale, economico, culturale e organizzativo in cui si colloca, per l’elaborazione del PTPCT si deve tenere conto di tali fattori di contesto. Il PTPCT, pertanto, non può essere oggetto di standardizzazione», ha enucleato i seguenti principi guida di cui occorre tener conto nella progettazione e attuazione del processo di gestione del rischio corruttivo, ovvero:
- principi strategici (coinvolgimento dell’organo di indirizzo, cultura organizzativa diffusa di gestione del rischio, collaborazione tra amministrazioni);
- principi metodologici (prevalenza della sostanza sulla forma, gradualità, selettività, integrazione, miglioramento e apprendimento continuo);
- principi finalistici (effettività, orizzonte del valore pubblico),
sviluppando ed aggiornando al contempo le indicazioni metodologiche per la gestione del rischio corruttivo confluite nell’Allegato 1 al PNA 2019, il quale diventa l’unico documento metodologico di riferimento ed il cui nuovo approccio valutativo (di tipo qualitativo) può essere applicato in modo graduale dalle amministrazioni che abbiano già predisposto il Piano utilizzando l’Allegato 5 al PNA 2013, «in ogni caso non oltre l’adozione del PTPC 2021-2023».
Il soggetto deputato alla predisposizione, monitoraggio ed eventuale aggiornamento del piano è, secondo quanto previsto dalla legge n. 190/2012 come riformata dal d.lgs. n. 97/2016, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), il quale in ossequio al disposto di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 33 del 2013 (secondo cui «Ogni amministrazione indica, in un'apposita sezione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 190 del 2012, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del presente decreto») ed all’art 43 del medesimo decreto legislativo, «svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione», controllando ed assicurando al contempo la regolare attuazione dell'accesso civico.
1.2. L’applicazione delle norme sulla prevenzione della corruzione agli ordini professionali ed il processo di pianificazione ed attuazione delle misure di prevenzione della corruzione nel Consiglio Notarile Distrettuale di Terni
Con la delibera n. 145 del 21 ottobre 2014, l’ANAC ha ritenuto “applicabili le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli Ordini e ai Collegi professionali”. Nello specifico è ivi stabilito che i detti enti sono tenuti a “predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013”.
Il PNA 2015 ha chiarito, al riguardo, che gli ordini professionali nazionali adottano ciascuno un proprio PTPCT e a tali soggetti si applicano gli indirizzi contenuti nel PNA e nei suoi aggiornamenti. Agli ordini e ai collegi professionali, peraltro, è dedicata un’apposita sezione del PNA 2016 ove viene precisato come gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013 e ad essi si applichi la disciplina prevista dalle l. 190/2012 in materia di misure di prevenzione della corruzione. Il PNA 2019 ha, da ultimo, precisato che gli approfondimenti operati nel PNA 2016 mantengono ancora oggi la loro validità.
Ad oggi il presente PTPCT, in ossequio alle indicazioni contenute nelle delibere ANAC intervenute a partire dal 2016, delinea un compiuto ed organico sistema di prevenzione che si pone in linea di continuità con le iniziative sin qui adottate dal CNN, anche al di fuori di specifici obblighi previsti dalla legge, con la finalità di promuovere la legalità, l’etica e l’integrità nei comportamenti di coloro che operano nell’interesse del Consiglio stesso.
L’elaborazione del presente Piano, in conformità a quanto indicato nell’Allegato 1 al PNA 2019, si è sviluppata attraverso le fasi di seguito riportate: Analisi del contesto esterno ed interno; Valutazione del rischio (Identificazione del rischio/Analisi del rischio/Ponderazione del rischio); Trattamento del rischio (Identificazione delle misure/ Programmazione delle misure). Secondo quanto previsto nel PNA 2019, l’Allegato 1 costituisce «l’unico riferimento metodologico da seguire nella predisposizione del PTPCT per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo e aggiorna, integra e sostituisce le indicazioni metodologiche contenute nel PNA 2013 e nell’Aggiornamento PNA 2015». L’Allegato 1 «diventa pertanto l’unico strumento metodologico da seguire nella predisposizione dei Piani triennali della prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo, mentre restano validi riferimenti gli approfondimenti tematici (es. contratti pubblici, sanità, istituzioni universitarie, etc.) riportati nei precedenti PNA».
- L’analisi del contesto esterno ed interno
La struttura territoriale del Notariato si articola in 92 Consigli notarili cui fanno riferimento specifiche aree territoriali (Distretti notarili).
I notai aventi sede nel Distretto costituiscono il Collegio notarile e per ogni Collegio è previsto un Consiglio Notarile che opera in autonomia.
Il CND di Terni è composto da 5 (cinque) notai, eletti dai notai esercenti nel distretto; gli eletti restano in carica tre anni. I membri del Consiglio sono rinnovati per un terzo in ciascun anno, secondo l'ordine di anzianità di nomina. Il Consiglio elegge tra i propri membri il Presidente, il Segretario e il Tesoriere.
Il Consiglio notarile, oltre alle attribuzioni che gli sono demandate dalla legge:
- vigila sulla conservazione del decoro nell'esercizio della professione, e nella condotta dei notai iscritti presso il medesimo, e sull’esatta osservanza dei loro doveri;
- vigila sulla condotta dei praticanti e sul modo in cui gli stessi adempiono i loro doveri, e rilascia i relativi certificati;
- emette, su richiesta delle autorità competenti, il proprio parere sulle materie attinenti al notariato;
- forma ed autentica ogni anno il ruolo dei notai esercenti e praticanti;
- s'interpone, richiesto, a comporre le contestazioni tra notai, e tra notai e terzi, sia per la restituzione di carte e documenti, sia per questioni di spese ed onorari, o per qualunque altro oggetto attinente all'esercizio del notariato;
- riceve dal Tesoriere, in principio di ogni anno, il conto delle spese dell'anno decorso e forma quello preventivo dell'anno seguente, salva l'approvazione del collegio.
Il CND vigila altresì sull'osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni.
Qualora venga rilevata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero la violazione di altri doveri da parte del notaio, il Consiglio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto promuove, per il tramite del presidente, procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 153 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 recante Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
In ogni circoscrizione territoriale è istituita una Commissione amministrativa regionale di disciplina con sede presso il consiglio notarile distrettuale del capoluogo della regione.
Competente per gli illeciti disciplinari commessi dai notai è la Commissione della circoscrizione nella quale è compreso il distretto nel cui ruolo era iscritto il notaio quando è stato commesso il fatto per il quale si procede.
2.1.1. Organismi di diritto privato controllati o partecipati dal CND di Terni
Il CND di Terni promuove la "Scuola di Notariato Umbro-Marchigiana Baldo degli Ubaldi" (Scuola), avente sede presso il CN di Perugia ed il CN di Ancona.
La Scuola persegue i seguenti scopi:
1) lo svolgimento di corsi teorici e pratici di specializzazione post-universitaria in tutte le materie previste nei regolamenti CNN e comunque in tutte le discipline attinenti alla professione di Notaio;
2) l'organizzazione di corsi di perfezionamento e di master per l'esercizio della professione rivolti ai neo vincitori di concorso e di aggiornamento professionale dei notai in esercizio;
3) l'organizzazione ed il patrocinio di dibattiti, seminari, tavole rotonde, conferenze e convegni;
4) la promulgazione di pubblicazioni su argomenti attinenti l'attività notarile;
5) l'istituzione di borse di studi e premi da assegnare agli allievi più meritevoli.
Gli Organi della Scuola sono il Consiglio di Gestione ed il Consiglio dei Docenti.
Il Consiglio di Gestione amministra la Scuola, nomina il Consiglio dei Docenti; promulga l'ordinamento didattico della Scuola e sovrintende allo svolgimento dei corsi. Esso è composto da otto membri, che durano in carica per un triennio, nel cui ambito viene eletto il Presidente, cui spetta la rappresentanza della Scuola. Il Consiglio di Gestione può delegare al suo Presidente specifici incarichi nell'ambito dell'amministrazione della Scuola e speciali compiti di rappresentanza istituzionale.
Il Consiglio dei Docenti è composto dai Docenti responsabili dei singoli Corsi in cui si articola l'attività didattica. Esso nomina i Docenti chiamati a svolgere l'attività didattica e formula proposte al Consiglio di Gestione sull'ordinamento didattico, sullo svolgimento dell'attività didattica, sugli argomenti teorici da approfondire e sulla scelta dei testi.
Il patrimonio della scuola è costituito:
- a) dalle tasse di iscrizioni annuali per i corsi di preparazione al concorso e per i corsi di perfezionamento, nell'ammontare fissato dal Consiglio di Gestione;
- b) dai contributi erogati dal CNN e da qualsiasi altro contributo da chiunque a sotto qualsiasi forma corrisposto;
- c) da eventuali stanziamenti dei Consigli Notarili delle Marche e dell'Umbria;
- d) da proventi derivanti dall'organizzazione da parte della Scuola di eventi, convegni e incontri di studio.
2.1.2. Il contesto organizzativo e la struttura amministrativa del CND di Terni
Nell’ambito del CND è possibile distinguere tra attività istituzionali e di supporto:
- istituzionali, ovvero le attività svolte dal CND in ragione delle competenze attribuitegli dalle norme vigenti;
- supporto, ovvero le attività concernenti i profili organizzativi e funzionali dell’ente, prodromiche al corretto esercizio delle attività istituzionali.
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Terni è composto da cinque Consiglieri, nel cui ambito, ai sensi dell’art. 90 della l. n. 89/1913, sono stati eletti il Presidente (Cons. Filippo Clericò), il Tesoriere (Cons. Gianluca Pasqualini) ed il Segretario (Cons. Massimo Donati ).
Il Cons. Alberta Canape è stata nominata Responsabile della prevenzione della corruzione .
Il Cons. Gian Luca Pasqualini è stato nominato Responsabile Antiriciclaggio.
Il Cons. Antonio Felice de Rossi è stato nominato Responsabile della Comunicazione.
Il notaio Paolo Cirilli è stato nominato Responsabile dei Rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Terni si avvale della collaborazione di una unità di personale cui sono demandate prerogative di carattere amministrativo.
- Il PTPCT del CND di Terni
3.1. Il presente PTPCT ha validità triennale (2022-2024).
Il PTPCT è un documento programmatico, per sua natura dinamico, che, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012, viene aggiornato entro il 31 gennaio di ciascun anno (con delibera n. 1 del 12 gennaio 2022, il Consiglio dell’Anac ha stabilito che il termine ultimo per la presentazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza 2022-2024 da parte delle pubbliche amministrazioni slitta al 30 aprile 2022, anche al fine di consentire ai responsabili della Prevenzione di svolgere le attività necessarie per predisporlo, tenendo conto anche del perdurare dello stato di emergenza sanitaria).
Il PTPCT è finalizzato, tra l’altro a:
- determinare la consapevolezza in capo ai destinatari che il verificarsi di fenomeni corruttivi espone l’Ente a gravi rischi, in special modo sotto il profilo dell’immagine pubblica, e produce conseguenze sul piano penale e disciplinare a carico dell’autore della violazione;
- sensibilizzare tutti i soggetti destinatari ad impegnarsi attivamente e costantemente nell’attuare le misure di contenimento del rischio previste nel presente documento e nell’osservare le procedure e le regole interne, sollecitando il RPCT ad ogni modifica del Piano utile ai fini del suo rafforzamento;
- assicurare la correttezza dei rapporti tra l’Ente e i soggetti che con esso intrattengono relazioni di qualsiasi genere, anche verificando e vigilando su possibili conflitti d’interesse;
- coordinare le misure di prevenzione della corruzione con i controlli che devono essere attuati per vigilare sul rispetto delle disposizioni sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi previste dal d.lgs. n. 39/2013.
Destinatari del PTPCT sono:
- i componenti del CND;
- i componenti di qualsiasi organo del CND, comunque denominato;
- il personale del CND, a tempo indeterminato e determinato;
- i componenti delle Commissioni (anche se esterni);
- i consulenti e i collaboratori del CND;
- i titolari di contratti per lavori, servizi e forniture;
- tutti coloro che, anche nei fatti, operano per conto o nell’interesse del CND.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) propone al Consiglio l’aggiornamento del PTPCT, sulla base della rilevazione di una o più esigenze che derivino:
- da modifiche normative che abbiano ad oggetto la disciplina in materia di prevenzione della corruzione, la regolamentazione dei reati contro la Pubblica Amministrazione o dei reati che comunque potrebbero costituire forme di abuso da parte del pubblico agente;
- da modifiche normative e regolamentari che incidano sul perimetro delle attribuzioni, delle attività o dell’organizzazione del Consiglio;
- dagli orientamenti eventualmente espressi dall’ANAC in sede di attività consultiva o di vigilanza;
- dalla identificazione e valutazione di nuovi eventi o fattori di rischio;
- dalla emersione di lacune del piano o comunque di situazioni sintomatiche della sua inidoneità ravvisate dal RPCT, anche in seguito all’accertamento di violazioni delle misure preventive, in conformità a quanto previsto dall’art. 1, comma 10, della Legge n. 190/2012.
È fatto obbligo a tutti i soggetti indicati nel presente paragrafo di osservare le norme che disciplinano la prevenzione della corruzione e le disposizioni contenute nel presente PTPCT (completo della sezione dedicata alla trasparenza).
3.2. Sul ruolo e i poteri del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), l’ANAC ha adottato la delibera n. 840 del 2 ottobre 2018 in cui sono state date indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione, che si ritiene utile richiamare sinteticamente all’interno del presente Piano.
Nel dettaglio, è stato chiarito come il quadro normativo di riferimento non declini espressamente i contenuti dei poteri di vigilanza e controllo del RPCT operando, invece, su un diverso piano e cioè quello dell’assegnazione allo stesso di un obiettivo generale consistente nella predisposizione e nella verifica della tenuta complessiva del sistema di prevenzione della corruzione di un’amministrazione o ente, rispetto al quale sono correlate le specifiche responsabilità che gravano sul medesimo. Il cardine dei poteri del RPCT è quindi centrato sul prevenire la corruzione - ossia sulla adeguata predisposizione degli strumenti interni all’amministrazione (PTPCT e relative misure di prevenzione ivi compresa la trasparenza) per il contrasto dell’insorgenza di fenomeni corruttivi, intesi in senso ampio, e sulla verifica che ad essi sia stata data attuazione effettiva – e, pertanto, i poteri di controllo e di verifica di quanto avviene nell’amministrazione sono funzionali a tale obiettivo.
Non spetta, perciò, al RPCT l’accertamento di responsabilità (e quindi la fondatezza dei fatti oggetto di segnalazione), qualunque natura esse abbiano, dovendo il RPCT fare riferimento agli organi preposti appositamente sia all’interno dell’amministrazione (vedi sopra) che all’esterno (ad esempio, qualora emergano elementi utili a configurare fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, il RPCT è tenuto a presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale; ove rilevi poi fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge). Inoltre il RPCT, nell’esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme vigenti - non può essere chiamato a svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
In definitiva, «qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, deve, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPCT vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPCT e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l’accertamento di responsabilità o per l’assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell’azione amministrativa. Se nel PTPCT esistono misure di prevenzione adeguate, il RPTC è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell’attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull’attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell’esame del PTPCT non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste.
In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPCT e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all’adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano.
[…] Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all’audizione di dipendenti e all’acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. […] Ad avviso dell’Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L’acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l’audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell’accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all’amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPCT rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell’ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l’interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione» (così testualmente delibera n. 840 del 2018).
Con particolare riferimento alle prerogative assegnate al RPCT dalla disciplina sul whistleblowing (previste nell’art. 54-bis del d.lgs.165/2001), il PNA 2019 evidenzia che «il RPCT, oltre a ricevere e prendere in carico le segnalazioni, pone in essere gli atti necessari ad una prima “attività di verifica e di analisi delle segnalazioni ricevute” da ritenersi obbligatoria in base al co. 6 dell’art. 54-bis. Si rammenta infatti che la richiamata disposizione prevede che ANAC irroghi sanzioni pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. Sul potere sanzionatorio dell’Autorità si rinvia al Regolamento del 30 ottobre 2018 «Sull'esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro di cui all'art. 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing)» adottato con delibera ANAC n. 1033 del 30 ottobre 2018 e recentemente modificato con delibera n. 312 del 10 aprile 2019. L’onere di istruttoria, che la legge assegna al RPCT, si sostanzia, ad avviso dell’Autorità, nel compiere una prima imparziale delibazione sulla sussistenza (c.d. fumus) di quanto rappresentato nella segnalazione, in coerenza con il dato normativo che si riferisce ad una attività “di verifica e di analisi”. Resta fermo, in linea con le indicazioni già fornite nella delibera n. 840/2018, che non spetta al RPCT svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione oggetto di segnalazione né accertare responsabilità individuali».
3.3. La violazione delle misure contenute nel presente Piano è sanzionata in modo graduale, tenuto conto del ruolo e delle competenze del soggetto che pone in essere la violazione:
- nel caso di ipotizzata violazione da parte dei Consiglieri o di altro organo del CND, il RPCT comunica il fatto al Consiglio, per le determinazioni del caso, e quest’ultimo delibera i provvedimenti da adottare; laddove la violazione sia stata posta in essere da parte di un componente del Consiglio, l’autore della violazione avrà l’obbligo di astenersi dalle attività correlate all’adozione dei previsti provvedimenti;
- nel caso di ipotizzata violazione da parte dei dipendenti e degli altri soggetti obbligati all’osservanza del presente Piano, si configura un’ipotesi di illecito disciplinare, secondo quanto stabilito dall’art.1, comma 14 della Legge n. 190/2012, e il RPCT propone al Consiglio per i provvedimenti da adottare;
- nel caso di ipotizzata violazione da parte di soggetto esterno al Consiglio, vengono attivate le clausole contrattuali volte a dare rilevanza a tali comportamenti ai fini della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno;
- nel caso di ipotizzata violazione da parte di soggetti che compongono Commissioni nominati dal Consiglio, il RPCT comunica il fatto al Consiglio per le determinazioni del caso.
Al RPCT si applica il regime di responsabilità previsto dall’art. 1, commi 12 e seguenti della legge n. 190 del 2012; in particolare:
- nel caso di commissione all’interno dell’Ente di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il RPCT verrà destituito dall’incarico e sarà chiamato a rispondere conformemente a quanto previsto dalle norme vigenti, salvo che provi di avere predisposto - prima della commissione del fatto - il piano di prevenzione della corruzione, di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2012 e di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano;
- nel caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano, il RPCT verrà destituito dall’incarico e sarà chiamato a rispondere conformemente a quanto previsto dalle norme vigenti per omesso controllo, salvo che provi di avere comunicato le misure da adottare e le relative modalità e di avere vigilato sull'osservanza del Piano.
Il provvedimento di revoca dell’incarico di RPCT, alla luce di quanto precisato nella determinazione ANAC n. 1208 del 22 novembre 2017, deve essere adottato nel rispetto del combinato disposto delle previsioni contenute nell’art. 1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e nell’art. 15 comma 3 del D. Lgs. n. 39 del 2013: la relativa statuizione pertanto deve essere comunicata tempestivamente all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione; decorso tale termine, la revoca diventa efficace. L’ANAC può intervenire con richiesta di riesame anche nel caso di presunte misure discriminatorie comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di RPCT. Le modalità di intervento dell’ANAC sono disciplinate dal «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione» approvato con delibera n. 657 del 2018.
In relazione alle ipotesi descritte dovrà essere sempre e comunque garantito il contraddittorio con gli interessati e una procedura di accertamento delle violazioni trasparente e imparziale.
3.4. La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di misure “obbligatorie” (fissate per le legge o “suggerite” dal PNA) e “specifiche” di prevenzione della corruzione.
Per poter utilmente definire tali misure è necessario preventivamente analizzare l’organizzazione dell’ente e definire i processi che ne caratterizzano il funzionamento nonché individuare i possibili rischi corruttivi, tenendo presente l’ampia nozione di corruzione declinata nel PNA.
Per processo si intende un insieme di attività interrelate che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente). Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo e ricomprende anche le procedure di natura privatistica.
Al fine di adottare una razionale pianificazione anticorruzione è necessario, dunque, procedere ad un’adeguata mappatura dei processi. La mappatura dei processi consente l’individuazione del contesto entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio. Per l’attività di mappatura dei processi debbono essere coinvolti i responsabili dei diversi uffici in cui si articola l’ente.
Alla mappatura dei processi consegue l’identificazione dei rischi, che consiste nella ricerca, l’individuazione e la descrizione dei rischi medesimi. Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.
L’attività di identificazione richiede che per ciascun processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed interno all’ente. L’analisi del rischio include la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto) per giungere alla determinazione del livello di rischio. Il livello di rischio è rappresentato da un valore numerico o, comunque, da un parametro oggettivo che ne definisca la “pericolosità” per l’ente. L’identificazione dei rischi viene condotta sottoponendo, nel corso di interviste ai responsabili dei diversi uffici, alcune schede di rilevazione degli eventi rischiosi, in relazione ai processi censiti. Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente. In tale sede, ai responsabili può essere chiesto di proporre le misure necessarie per la riduzione/eliminazione dei rischi.
All’attività di identificazione fa seguito la gestione del rischio, con cui si intende l’insieme delle attività coordinate per ridurre (e, sperabilmente, eliminare) le probabilità che un dato rischio si verifichi e il grado di impatto che il verificarsi del rischio potrebbe avere sull’organizzazione e il funzionamento dell’ente. I principi fondamentali utilizzati per una corretta gestione del rischio ai quali si fa riferimento nel presente documento sono quelli declinati nel PNA e desunti dai Principi e linee guida UNI ISO 31000:2010, che rappresentano l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 31000 (edizione novembre 2009), elaborata dal Comitato tecnico ISO/TMB “Risk Management”. Con l’Allegato 1 del PNA 2019 l’ANAC ha dettato la metodologia applicativa di tali principi per le finalità di definizione di adeguate misure di prevenzione della corruzione.
L’analisi dei rischi consente di ottenere una classificazione degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato, in base alla quale definire con ponderazione il trattamento dei rischi medesimi, attraverso l’associazione di misure specifiche oltre che delle misure obbligatorie previste per legge.
Per “rischio” deve intendersi, quindi, un evento o una condizione sfavorevole che potrebbe verificarsi nel corso delle attività svolte da una determinata organizzazione, con possibili conseguenze dirette o indirette sulle medesime attività, ovvero, l’eventualità di poter subire un danno, connessa a circostanze più o meno prevedibili.
L’individuazione di aree di rischio omogenee, ovvero di insieme di processi “rischiosi”, ha la finalità di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’ente che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il PTPCT deve identificare le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.
In tal senso, vi sono aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni/enti/soggetti ai quali si applicano le norme anticorruzione, che sono indicate nell’Allegato 2 del PNA 2013 che ne riporta un elenco (desumendole da quelle iscritte nella legge n. 190/2012), cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alle proprie specificità.
A seguito dell’aggregazione dei processi, nel PTPCT risultano le seguenti “aree”:
- aree di rischio “generali”: alle quali fanno capo le “aree obbligatorie” (indicate dalla legge meglio specificate nel PNA: autorizzazione o concessione; scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari; concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale) e le aree “generali” – (indicate dall’ANAC nel PNA 2015: gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio; controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni; incarichi e nomine; affari legali e contenzioso);
- aree ulteriori o “specifiche”: altre aree che fanno riferimento alla peculiare organizzazione dell’ente e alle attività proprie del medesimo.
Nel PNA 2016 l’ANAC ha indicato tre aree a rischio tipiche degli ordini professionali:
- formazione professionale continua;
- rilascio di pareri di congruità (nell’eventualità dello svolgimento di tale attività da parte di ordini e collegi territoriali in seguito all’abrogazione delle tariffe professionali);
- indicazione di professionisti per l’affidamento di incarichi specifici.
In relazione a tali possibili aree di rischio il CND di Terni esercita specifiche prerogative nell’ambito di ciascuna di esse.
- Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del CND di Terni.
Il Consiglio nomina il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa vigente e delle indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del PNA 2016 con particolare riferimento agli ordini ed ai collegi professionali («Per quanto attiene alla specifica realtà degli ordini e collegi professionali, si ritiene che il RPCT debba essere individuato all’interno di ciascun Consiglio nazionale, ordine e collegio professionale (sia a livello centrale che a livello locale). Più in particolare, l’organo di indirizzo politico individua il RPCT, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio. Occorre sottolineare, al riguardo, che Ordini e Collegi non necessariamente dispongono di personale con profilo dirigenziale. In tali casi, si pone pertanto, il problema dell’individuazione del soggetto al quale affidare il ruolo di RPCT. […] nelle sole ipotesi in cui gli ordini e i collegi professionali siano privi di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Solo in via residuale e con atto motivato, il RPCT potrà coincidere con un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali. In tal senso, dovranno essere escluse le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere. In questi casi, è auspicabile, al fine di prevedere forme di responsabilità collegate al ruolo di RPCT, che i Consigli nazionali, gli ordini e collegi territoriali - nell’impossibilità di applicare le responsabilità previste dalla l. 190/2012 ai consiglieri - definiscano e declinino forme di responsabilità almeno disciplinari, ai fini delle conseguenze di cui alla predetta legge, con apposite integrazioni ai propri codici deontologici»).
Il RPCT del CND di Terni si coordina con il RPCT del CNN al fine di rendere coordinata e omogenea e l’attuazione della normativa sulla prevenzione della corruzione in tutte le articolazioni territoriali dell’Ordine professionale della categoria notarile.
Ai sensi della legge n. 190/2012, il RPCT predispone il PTPCT e lo propone per l’approvazione del Consiglio, ne verifica l'efficace attuazione e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente. Una copia del PTCPT adottato dal CND viene trasmesso, a cura del RPCT, al RPCT del Consiglio Nazionale del Notariato.
Il RPCT dispone, d'intesa con il responsabile della struttura competente, l’eventuale rotazione, ove possibile, degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione, ove esistenti (art. 1, comma 10, lett. b), legge n. 190/2012) e cura l’individuazione del personale, ove presente, da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c), legge n. 190/2012).
Entro il termine definito ogni anno dall’ANAC, il RPCT pubblica sul sito web del CND o nella sezione ad esso riservata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Consiglio Nazionale del Notariato, una relazione recante i risultati dell’attività svolta (art. 1, comma 14, seconda parte, legge n. 190/2012). La relazione pubblicata viene trasmessa, altresì, al Consiglio.
- Mappatura dei processi, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
Al fine di effettuare la mappatura dei processi del CND e le conseguenti attività di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi, il RPCT potrà avvalersi, ove lo ritenga, della collaborazione di referenti interni, nominati dal Consiglio, su proposta del RPCT nelle articolazioni dell’ente ove previste.
I processi del CND sono distinti in tre macro-aree di attività:
- istituzionali, ovvero quelli riferiti alle attività svolte dal CND in ragione delle competenze attribuitegli dalle norme vigenti;
- strumentali, ovvero quelli concernenti i profili organizzativi e funzionali dell’ente, prodromici al corretto esercizio dei processi istituzionali;
- generali, ovvero quelle considerate “obbligatorie” dalla legge n. 190/2012 e quelle, appunto, considerate generali dal PNA 2015.
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi istituzionali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi strumentali, le seguenti:
- iscrizione, su richiesta degli interessati, nel registro dei praticanti ai fini dello svolgimento del prescritto periodo di pratica notarile;
- archivio e protocollo.
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi “generali” le seguenti:
- gestione e reclutamento del personale [“area a rischio obbligatoria”, ai sensi dell’art. 1, comma 16 della legge n. 190/2012 e del PNA];
- acquisizione di lavori, beni e servizi [“area a rischio obbligatoria”, ai sensi dell’art. 1, comma 16 della legge n. 190/2012 e del PNA];
- incarichi e nomine [“area generale”, ai sensi della determinazione ANAC n. 12/2015 (aggiornamento PNA 2015)];
- gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio [“area generale”, ai sensi della determinazione ANAC n. 12/2015 (aggiornamento PNA 2015)];
- affari legali e contenzioso [“area generale”, ai sensi della determinazione ANAC n. 12/2015 (aggiornamento PNA 2015)].
5.1. La metodologia utilizzata
Si è proceduto al censimento dei processi nei quali è stato identificato un rischio corruttivo, all’interno delle sottoaree individuate nelle tre macroaree di attività (istituzionali – strumentali – generali), applicando il “principio di precauzione”.
In particolare, partendo dalle schede di rilevazione dei processi e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi allegate alle precedenti edizioni del Piano, ne sono state rivisitate le risultanze alla luce degli indicatori omogenei di seguito riportati:
- Trasparenza
- Controlli
- Regolamentazione
- Complessità
- Conflitto interessi
- Rilevanza esterna
- Effetti economici
La scala di valori associata ai predetti indicatori è stata: ALTO/MEDIO/BASSO.
Successivamente, è stato identificato un rischio corruzione per ogni singolo processo. A tale rischio sono stati associati i valori della probabilità che esso si verifichi (ALTISSIMA/ALTA/MEDIA/BASSA) e quelli relativi all’impatto che esso avrebbe qualora si verificasse (ALTISSIMO/ALTO/MEDIO/BASSO). Nella declinazione di tali valori si è tenuto conto degli indicatori di processo e del “pressing dei controlli” (cioè l’efficacia di tali controlli) già attivi sui processi.
Al fine di determinare il livello del rischio identificato, si è utilizzata la medesima matrice di cui al PTPCT approvato nel 2021 dal Consiglio Nazionale del Notariato, di seguito riportata:
Ad ogni rischio è stata associata una misura “ulteriore” oltre alle misure obbligatorie (trasversali) che devono essere implementate per ogni processo, definendone il termine di adozione.
La mappatura dei processi e la correlata valutazione dei rischi sono riportati in apposito documento.
- Le c.d. “misure obbligatorie” di prevenzione della corruzione
Costituiscono misure di prevenzione della corruzione “obbligatorie”, poiché previste espressamente dalla normativa vigente:
- l’adozione di adeguate misure di trasparenza (disciplinate dal d.lgs. n. 33/2103 e di sarà dato dettagliato conto nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, che costituisce apposita Sezione del presente PTPCT);
- l’adozione di un codice di comportamento settoriale;
- la tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (c.d. whistleblower);
- la rotazione del personale, ove esistente, nelle aree a rischio corruzione;
- la prevenzione dei casi di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, come previsto dal d.lgs. n. 39/2013;
- la disciplina dello svolgimento, ove previsto, di incarichi d’ufficio e di attività ed incarichi extra-istituzionali da parte dei dipendenti;
- la disciplina dello svolgimento di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (pantouflage – revolving doors) art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001;
- l’astensione in caso di conflitto di interesse;
- l’adozione di patti di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture;
- l’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni;
- la verifica dei rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti;
- la formazione del personale dipendente, ove esistente, in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità.
Deve, altresì, considerarsi alla stregua di vera e propria misura di prevenzione l’informatizzazione dei processi; questa consente la tracciabilità dello sviluppo del processo delle attività dell’ente e la riduzione del rischio di “blocchi” non controllabili nonché l’emersione delle responsabilità per ciascuna fase.
6.1. Codice di comportamento
Il CND di Terni, ad integrazione e specificazione dei doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, contenuti nel d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, ha adottato un proprio “Codice di comportamento” il cui testo è pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileTerni.it.
Il CND di Terni, peraltro, provvederà a riesaminare ed eventualmente ad integrare i contenuti del suddetto codice nel corso del 2022, alla luce di quanto indicato nelle «Linee guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche» approvate dall’ANAC con delibera n. 177 del 19 febbraio 2020.
6.2. La tutela del personale che segnala illeciti: il whistleblowing
L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whistleblower), al fine di consentire l’emersione di fattispecie di illecito commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparate ai sensi della normativa anticorruzione. Di recente, la legge 30 novembre 2017, n. 197, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità in cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha ulteriormente inasprito le sanzioni per coloro i quali non prendono nella dovuta considerazione le segnalazioni di illecito e per coloro i quali attuano comportamenti ritorsivi sui dipendenti segnalanti o ne rivelano impropriamente l’identità.
Il RPCT accerta che chi segnala illeciti, sia egli dipendente dell’Ente (cfr. art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001) o altro soggetto che con esso intrattiene a qualsiasi titolo rapporti, non subisca ingiuste ripercussioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.
La segnalazione può essere inoltrata al RPCT, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all’ANAC.
Nell'ambito dell’eventuale procedimento disciplinare instauratosi a seguito della segnalazione, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
È fatta salva la perseguibilità per responsabilità penali per calunnia e diffamazione e civili per il risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Il CND garantisce per la segnalazione di illeciti:
- la tutela all’anonimato;
- il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower;
- la previsione che la denuncia è sottratta al diritto di accesso fatta esclusione delle ipotesi eccezionali descritte nel comma 2 dell’ art. 54 bis d.lgs. n. 165 del 2001 in caso di necessità di svelare l’identità del denunciante.
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al RPCT.
Le segnalazioni possono essere inoltrare alla casella e-mail: rcp-terni@notariato.it oppure essere presentate direttamente agli organi sopra indicati, sempre indicando le proprie generalità. Non sono ammesse segnalazioni anonime che possono, comunque, essere fonte di autonome procedure di verifica e vigilanza da parte del RPC o degli altri organi competenti.
6.3. La rotazione del personale
In considerazione delle peculiarità strutturali, organizzative e funzionali del CND, e delle professionalità del personale esistente, il RPCT, rilevata l’impossibilità di dare concreta attuazione a misure di avvicendamento del personale nell’ambito dei processi a rischio e nel solo caso in cui ne ravvisi la necessità, valuterà insieme al Consiglio l’adozione di misure alternative nel rispetto di quanto prescritto all’interno dell’Allegato 2 al PNA 2019.
6.4. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di componente del Consiglio e per gli incarichi dirigenziali
La disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche e negli enti comunque soggetti a tale normativa è dettata dal d.lgs. n. 39/2013.
Al CND si applicano, in via di principio e compatibilmente con quanto disposto agli artt. 2 e 2 bis del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39/2013 (segnatamente gli articoli 3, 6, 9 e 13) e al d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza.
I componenti dell’organo di indirizzo politico-amministrativo del CND, i dirigenti, ove previsti, i dipendenti, all’atto dell’assunzione, i consulenti e i collaboratori dell’ente sono tenuti a sottoscrivere, in aggiunta alle dichiarazioni espressamente previste dalle norme di contrasto alla corruzione, una dichiarazione che attesti l’assenza di cause di conflitti di interesse, anche solo potenziali, rispetto alle attività e alle finalità istituzionali dell’Ente.
6.5. Pantouflage/Revolving doors: disciplina dello svolgimento di attività successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001)
L’ambito della norma è riferito ai dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi.
In attuazione dell’art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non potranno svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Detta disposizione prevede la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto e il divieto per i soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Ciò posto si prevede che i contratti di assunzione del CND di Terni dovranno contenere la clausola concernente i divieti sopra richiamati e che coloro che partecipano a procedure di scelta del contraente per l’affidamento di contratti di lavori, servizi o forniture o, comunque, coloro i quali intrattengono rapporti contrattuali con il CND di Terni, siano tenuti a rendere una dichiarazione nella quale attestino di non avere alle proprie dipendenze ex dipendenti pubblici cessati dal rapporto di pubblico impiego che nei tre anni precedenti la cessazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti del soggetto presso il quale risultano assunti. Si prevede, in caso di violazione della citata disposizione contrattuale, l’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti interessati.
6.6. L’astensione in caso di conflitto di interesse
Conformemente a quanto previsto dalla normativa anticorruzione, dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013), nel PNA e dal Codice di comportamento adottato dal CND di Terni, i dipendenti che nello svolgimento delle attività istituzionali riterranno di trovarsi in una delle condizioni, anche solo potenziali, idonee a configurare un conflitto di interesse, saranno tenuti a darne tempestiva comunicazione al proprio RPCT.
In attesa dell’adozione di specifiche modalità di segnalazione che saranno disciplinate con atti regolamentari del CND, il personale dipendente e, comunque, tutti i soggetti che operano in nome e per conto dell’Ente o che prestano attività di consulenza o collaborazione sono tenuti ad astenersi dal compimento di qualsiasi attività in costanza di un potenziale o attuale conflitto di interessi.
La nozione di conflitto di interessi è desumibile dal d.P.R. n. 62/2013 e dal Codice di comportamento adottato dal CND.
Sul punto l’articolo 42 del d.lgs. 50/2016 introduce una disciplina particolare per le ipotesi di conflitto di interesse nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, richiedendo alle stazioni appaltanti la previsione di misure adeguate per contrastare frodi e corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.
Sulla base di tali previsioni, l'ANAC ha ritenuto opportuno procedere all'adozione di linee guida ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici, con l'obiettivo di agevolare le stazioni appaltanti nelle attività di competenza e favorire la diffusione di buone pratiche (linee guida n. 15/2019 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici»).
Al fine adottare idonee misure di prevenzione delle ipotesi di conflitto di interessi, i soggetti che svolgono il ruolo di RUP o intervengono in procedimenti amministrativi con ruoli tali da poter influenzare la manifestazione della volontà dell’ente, devono presentare idonea autocertificazione che attesti l’assenza di cause di conflitto di interessi ai sensi dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990, dell’art. 42 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 7 del d.P.R. n. 62/2013, oltre a tutte le altre ipotesi previste dalla normativa vigente e dagli atti interni del CND.
6.7. L’assunzione di obblighi di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture
I soggetti che partecipano a procedure per l’affidamento di lavori, servizi o forniture o che, comunque, ricevono i predetti affidamenti in via diretta, sono tenuti ad assumere specifici obblighi di integrità mediante i quali si vincolano al rispetto:
- della normativa sulla prevenzione della corruzione;
- dei principi e delle misure di prevenzione della corruzione previste nel presente PTPCT;
- di quanto previsto nel Codice di comportamento adottato dal CND.
6.8. L’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni
Ai fini della prevenzione del fenomeno corruttivo nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, introdotto dall’art. 1, comma 46, della legge n. 190/2012, e dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013, a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale è fatto divieto di:
- far parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o per la selezione del personale;
- essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
- far parte di commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
6.9. Rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti
Il CND di Terni, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. e), della legge 190/2012, è tenuto a monitorare i rapporti con i soggetti con esso contraenti o interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’ente.
A tal fine il CND dovrà garantire che i componenti delle commissioni di gara, nell’ambito della prima seduta, compilino apposita dichiarazione in cui ciascun componente attesti l’inesistenza di eventuali rapporti o relazioni di parentela con i soggetti partecipanti alla stessa.
6.10. La formazione del personale dipendente in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità
Il RPCT del CND, anche quale Responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI), pianifica lo svolgimento di percorsi formativi in materia di prevenzione della corruzione per il personale impiegato nelle aree di attività con processi mappati come “a rischio”, mentre tutto il personale sarà, comunque, coinvolto in percorsi formativi in materia di etica e di legalità, con particolare riguardo alle regole iscritte nel Codice di comportamento approvato dal CND.
Un ciclo di formazione volto a favorire comportamenti ispirati ai principi etici della legalità, della lealtà e della correttezza, e che contribuisca efficacemente a fare crescere la cultura della legalità, non potrà prescindere dalla piena conoscenza da parte del personale delle disposizioni previste nel Codice di comportamento nonché nel presente PTPCT e dei documenti (regolamenti, procedure, protocolli, ecc.) approvati e in vigore.
- Obblighi di informazione
La legge n. 190/2012 all’art. 1, comma 9, lettera c), impone uno specifico obbligo di informazione, per il personale addetto alle attività a rischio corruzione, nei confronti del RPCT, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del presente PTPCT.
I componenti del Consiglio:
- concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti;
- forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per l’individuazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo;
- provvedono al monitoraggio delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione svolte nell’articolazione organizzativa cui sono preposti.
La mancata risposta alle richieste di contatto e di informativa del RPCT da parte dei soggetti obbligati, in base alle disposizioni del PTPCT e del Codice di comportamento, è suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente.
- Modalità di aggiornamento del PTPCT
Ai sensi della la legge n. 190/2012 (art. 1, comma 8), l’aggiornamento del PTPCT dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascun anno e comunicato all’ANAC, secondo le modalità già declinate nel presente Piano.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, il RPCT pubblica nel sito web del CND di Terni una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema definito dall’ANAC.
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Sezione I
Trasparenza
Premessa
Il d.lgs. n. 97/2016, nel modificare la legge n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, ha soppresso l’obbligo di adottare uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, pur prevedendo la necessità di indicare in un'apposita sezione del PTPCT, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi della normativa vigente.
L’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 definisce il principio generale di trasparenza “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Ancora: “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
A seguito dell’applicazione dal 25 maggio 2018 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati)» (si seguito RGPD) e, dell’entrata in vigore, il 19 settembre 2018, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali - decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, si è posto il problema di verificare la compatibilità della nuova disciplina con gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013.
A tal proposito la delibera ANAC n. 1074 del 2018 chiarisce che «l’art. 2-ter del d.lgs. 196/2003, introdotto dal d.lgs. 101/2018, in continuità con il previgente articolo 19 del Codice, dispone al comma 1 che la base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lett. b) del Regolamento (UE) 2016/679, «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento». Inoltre il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1». Il regime normativo per il trattamento di dati personali da parte dei soggetti pubblici è, quindi, rimasto sostanzialmente inalterato essendo confermato il principio che esso è consentito unicamente se ammesso da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Pertanto, fermo restando il valore riconosciuto alla trasparenza, che concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione (art. 1, d.lgs. 33/2013), occorre che le pubbliche amministrazioni, prima di mettere a disposizione sui propri siti web istituzionali dati e documenti (in forma integrale o per estratto, ivi compresi gli allegati) contenenti dati personali, verifichino che la disciplina in materia di trasparenza contenuta nel d.lgs. 33/2013 o in altre normative, anche di settore, preveda l’obbligo di pubblicazione».
L’ANAC ha altresì precisato che «l’attività di pubblicazione dei dati sui siti web per finalità di trasparenza, anche se effettuata in presenza di idoneo presupposto normativo, deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali contenuti all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza tenendo anche conto del principio di “responsabilizzazione” del titolare del trattamento. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d). […] In generale, in relazione alle cautele da adottare per il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali nell’attività di pubblicazione sui siti istituzionali per finalità di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, si rinvia alle più specifiche indicazioni fornite dal Garante per la protezione dei dati personali. Si ricorda inoltre che, in ogni caso, ai sensi della normativa europea, il Responsabile della Protezione dei Dati-RPD svolge specifici compiti, anche di supporto, per tutta l’amministrazione essendo chiamato a informare, fornire consulenza e sorvegliare in relazione al rispetto degli obblighi derivanti della normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 39 del RGPD)».
Attraverso la sezione del PTPCT dedicata alla trasparenza il CND di Terni intende promuovere una sempre maggiore consapevolezza del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte degli operatori interni e, attraverso l'adempimento degli obblighi di trasparenza, consentire a tutti gli stakeholders di verificare che i fini istituzionali dell’ente siano perseguiti nel pieno rispetto della normativa e attraverso una gestione ottimale delle risorse sia economiche, sia umane.
- Il responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI)
Il RPCT svolge anche le funzioni del responsabile per la trasparenza e l’integrità. Esso svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando al Consiglio e all'Autorità nazionale anticorruzione, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Il RPCT provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il complessivo PTPCT.
Il RPCT controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal d.lgs. n. 33/2013.
Con riferimento alle procedure di affidamento di lavori e di approvvigionamento di beni e servizi, il RPCT verifica la pubblicazione nel sito web istituzionale di quanto previsto dall’art. 37 del d. lgs. n. 33/2013 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive, redatte dagli uffici competenti per ciascun appalto e rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (cfr. art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012).
Il RPCT controlla che tali informazioni siano trasmesse in formato digitale all’ANAC per gli adempimenti di legge e garantisce il rispetto delle indicazioni fornite dall'Autorità con proprie deliberazioni in merito alle informazioni da trasmettere e alle relative modalità di trasmissione.
Il Responsabile dell’Anagrafe per la Stazione Appaltante (RASA) incaricato della compilazione ed aggiornamento dell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) per il CND è il Presidente del Consiglio Notarile Distrettuale.
Il RPCT riceve le richieste di accesso civico ai sensi articolo 5, d.lgs. n. 33/2013 e controlla e assicura la regolare fruizione di tale strumento. Nel caso siano presentate richieste di riesame al rigetto di istanze di accesso civico generalizzato, queste sono di competenze del RPCT.
I componenti del Consiglio Notarile costituiscono la “rete dei referenti per la trasparenza” e garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni di propria competenza da pubblicare, ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
- Compiti del Consiglio
Il Consiglio, ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013, verifica la coerenza degli obiettivi e delle misure previste nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e redige l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. In caso di verifiche d’iniziativa o di segnalazioni che conducano all’accertamento della violazione di un obbligo di pubblicazione, il Consiglio ne dà immediata comunicazione all’ANAC, per l’avvio di eventuali procedimenti disciplinari e/o sanzionatori.
- Processo di attuazione degli obiettivi di trasparenza
Il conseguimento degli obiettivi di trasparenza non può prescindere dal coinvolgimento completo e trasversale degli organi e degli addetti agli uffici del CND di Terni.
Ogni destinatario del PTPCT (completo della sua sezione dedicata alla trasparenza) è tenuto, quindi, a contribuire a questo obiettivo anche attraverso segnalazioni e suggerimenti.
I responsabili della trasmissione, della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati, ove possibile, di concerto tra il RPCT ed il Consiglio. I membri del Consiglio saranno gli interlocutori del RPCT sia in fase di assolvimento degli obblighi di trasparenza, sia nella successiva fase del monitoraggio.
I soggetti individuati dal Consiglio, su proposta del RPCT, assumono il ruolo di Referenti interni per la trasparenza e, in quanto tali, sono responsabili per il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto degli adempimenti stabiliti dalla legge.
Il RPCT svolge le funzioni di coordinamento e il monitoraggio delle attività dei Referenti interni per la trasparenza, ove individuati, attraverso le seguenti modalità:
- tempestiva comunicazione degli adempimenti, delle scadenze e delle modalità operative individuate per la pubblicazione;
- organizzazione di riunioni periodiche finalizzate al monitoraggio dell’avanzamento delle attività;
- coordinamento e supervisione di gruppi di lavoro ove costituiti.
- La sezione “Amministrazione trasparente”
Il sito web istituzionale del CND è www.consiglionotarileterni.it.
All’interno di esso è pubblicata la sezione “Amministrazione trasparente”, in cui sono assolti gli obblighi di pubblicazione di cui alla legge n. 190/2012, d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013.
La sezione “Amministrazione trasparente” contiene i dati e le informazioni che il CND è tenuta a pubblicare ai sensi della normativa vigente, come indicati nell’ Allegato -A- del d.lgs. n. 33/2103.
- Qualità dei dati e delle informazioni soggette ad obbligo di pubblicazione
I documenti contenenti informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati come previsto dalla legge n. 190/2012, dal d.lgs. n. 33/2013 e dagli altri atti normativi che dispongono in tal senso.
Le informazioni riportate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileterni.it. rispondono ai requisiti di integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività di pubblicazione, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, nonché della conformità ai documenti originali in possesso dell’ente.
- Categorie dei dati da pubblicare e articolazioni organizzative interne responsabili
L’elenco dei dati, delle informazioni e dei documenti da pubblicare ai sensi del d.lgs. n. 33/2013 e delle altre norme che dispongono in materia, è contenuto in apposito allegato al presente piano, che verrà verificato e implementato nel corso del 2022.
- Accesso civico
L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dall’art. 6 del d.lgs. 97/2016, riconosce a chiunque:
- il diritto di richiedere alle Amministrazioni documenti, informazioni o dati per i quali è prevista la pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui gli stessi non siano stati pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale (accesso civico “semplice”);
- il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del d.lgs. 33/2013, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis (accesso civico “generalizzato”).
Per quest’ultimo tipo di accesso l’ANAC ha adottato apposite Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Delibera ANAC n. 1309/2016).
Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione normativamente previsti, il legislatore ha confermato l’istituto dell’accesso civico “semplice” volto ad ottenere la corretta pubblicazione dei dati rilevanti ex lege, da pubblicare all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”.
7.1. Le istanze di accesso civico “semplice”
L’istanza di accesso civico “semplice” va presentata al RPCT, il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.
Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’ANAC ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90. Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.
A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fin della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
7.1.1. Come esercitare il diritto
La richiesta è gratuita, non deve essere motivata e può essere presentata:
- tramite posta elettronica al RPCT mediante l’invio di un messaggio di posta elettronica all’indirizzo: rcp-terni@notariato.it. Nel messaggio devono essere indicati i dati, le informazioni, i documenti soggetti ad obbligo di pubblicazione, per i quali si chiede l’accesso civico, nonché le generalità del richiedente e un indirizzo postale o di posta elettronica dove poter fornire riscontro alla richiesta;
- invio di posta ordinaria, contenente di dati di cui al punto sub 1), all’indirizzo Consiglio Notarile di Terni, c.a. RPCT, Piazza del Mercato Nuovo n. 50, 05100, Terni .
Il RPCT provvede entro 30 giorni a pubblicare nel sito istituzionale del CND di Terni il documento, l’informazione o il dato richiesto. Contestualmente, comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il relativo collegamento. Se, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato, ne dà comunicazione al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale.
Nel caso di ritardata o omessa pubblicazione ovvero di mancata risposta alla richiesta di accesso civico, decorsi trenta giorni, l’istante può richiedere l’esercizio del potere sostitutivo al Consiglio, attraverso la seguente modalità:
- invio di un messaggio di posta elettronica all’indirizzo rcp-terni@notariato.it Nel messaggio devono essere indicati i dati, le informazioni o i documenti soggetti ad obbligo di pubblicazione, per i quali si era richiesto l’accesso civico e la data nella quale si era presentata l’istanza, nonché le generalità del richiedente e un indirizzo postale o di posta elettronica dove poter fornire riscontro alla richiesta;
- invio di posta ordinaria, contenente di dati di cui al punto sub a), all’indirizzo Consiglio Notarile di Terni, Piazza del Mercato Nuovo n. 50, 05100, Terni .
Il titolare del potere sostitutivo, dopo aver verificato la sussistenza dell’obbligo, provvede, nei termini di cui all’art. 2, comma 9 ter della legge n. 241/1990, alla pubblicazione sul sito web istituzionale del CND di Terni di quanto richiesto e, contemporaneamente, ne dà comunicazione al richiedente, indicando il relativo collegamento ipertestuale.
7.2. L’accesso civico “generalizzato”
Le istanze di accesso civico "generalizzato" possono essere indirizzate:
- alla segreteria del CND di Terni, con nota scritta firmata e fotocopia del documento d’identità in corso di validità del richiedente da spedire all’indirizzo Consiglio Notarile di Terni, Piazza del Mercato Nuovo n. 50, 05100, Terni oppure con PEC all’indirizzo terni@postacertificata.notariato.it.
Per le istanze di cui sopra può essere utilizzato l’apposito modulo scaricabile dal sito del CND di Terni sezione “Amministrazione trasparente” / sotto-sezione “Accesso civico”.
È necessario che l’istante indichi con precisione i dati e/o i documenti ai quali accedere, al fine di consentire agli uffici del CND di dare corso alla richiesta. Gli uffici interessati del CND collaborano con l’istante all’eventuale, corretta individuazione dei dati e/o documenti richiesti, ove ciò non risulti eccessivamente oneroso in termini organizzativi e/o funzionali.
La Segreteria del CND trasmette l’istanza di accesso civico “generalizzato” al Consiglio tempestivamente e, comunque, non oltre entro 7 giorni dalla ricezione della stessa.
Il Consiglio, entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza da parte del CNN, comunica all’interessato, con provvedimento motivato, l’accettazione dell’istanza o il suo rigetto. Se vi è stata la necessità di coinvolgere contro interessati, i termini possono essere sospesi sino ad un massimo di 10 giorni. In caso d accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, il Consiglio ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del contro interessato, informando il RPCT.
Nei casi di rigetto totale o parziale dell'istanza di accesso civico generalizzato o di mancata risposta entro i termini di cui sopra, il richiedente può presentare richiesta di riesame al RPCT, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi pubblici o privati di cui all'articolo 5- bis, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 33/2013, il RPCT provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del RPCT è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione del Consiglio o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del RPCT, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
L’accesso civico è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (procedimenti tributari, per i quali restano ferme l particolari norme che li regolano; attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi) – c.d. “eccezioni assolute”.
L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
- la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;
- la sicurezza nazionale;
- la difesa e le questioni militari;
- le relazioni internazionali;
- la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
- la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
- il regolare svolgimento di attività ispettive.
L'accesso civico è, altresì, rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
- la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
- la libertà e la segretezza della corrispondenza;
- gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.
I pregiudizi concreti da valutare, ai predetti interessi pubblici e privati (art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33/2013) costituiscono le c.d. “eccezioni relative o qualificate”.
Il Consiglio è tenuto a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se la messa a disposizione degli atti o dei documenti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore.
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, come chiarito dall’ANAC nella delibera n. 1309/2016, il pregiudizio agli interessi riconducibili alle c.d. “eccezioni relative” deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Il Consiglio non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
- indicare chiaramente quale – tra gli interessi elencati all’art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n.
- 33/2013– viene pregiudicato;
- valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla messa a disposizione del dato, dell’informazione o del documento richiesto;
- valutare se il pregiudizio conseguente alla predetta ostensione è un evento altamente probabile, e non soltanto possibile.
Sono, comunque, rigettate le istanze di accesso civico generalizzato massive o ripetute che si sostanziano in un abuso del diritto, nei termini evidenziati dalla recente giurisprudenza.
Consiglio Notarile Distrettuale
di
TERNI
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Triennio 2021-2023
Adottato dal Consiglio Notarile Distrettuale di TERNI, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in datA 23 giugno 2021, ai sensi della legge n. 190/2012 e delle delibere ANAC nn. 144/2014 e 145/2014
- Il sistema di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche
Con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012) è stata introdotta la disciplina delle misure per limitare il verificarsi di fenomeni corruttivi e contrari alla legalità all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti comunque esercenti pubbliche funzioni o svolgenti attività di pubblico interesse.
La legge n. 190/2012 disciplina:
- la strategia nazionale di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali;
- i soggetti istituzionali deputati a coordinare le modalità di prevenzione e contrasto alla corruzione;
- la riforma del codice penale e di quello civile al fine di inasprire la lotta alla corruzione.
L’adozione di specifiche norme per contrastare i fenomeni sopra indicati si è resa necessaria al fine di promuovere l’etica e la legalità nei soggetti deputati all’esercizio di attività di pubblico interesse.
A seguito della legge n. 190/2012 sono stati adottati i seguenti decreti attuativi:
- lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, recante “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”;
- lgs. 14 marzo 2013, n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”;
- lgs. 8 aprile 2013, n. 39, recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico”;
- P.R. 16 aprile 2013, n. 62 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici a norma dell’art. 54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165”.
Con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche sono state previste alcune modifiche alla legge n. 190/2012 e al d.lgs. n. 33/2013, è stato introdotto, tra l’altro, il diritto di accesso civico generalizzato (c.d. “FOIA” – Freedom) ed è stato soppresso il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Il Piano Nazionale Anticorruzione 2019 (di seguito anche: “PNA 2019”) adottato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche: “ANAC”) con delibera n. 1064 del 13 novembre 2019, richiamata la propria natura di atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni italiane ai fini dell’adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, ha ritenuto opportuno precisare il contenuto della nozione di “corruzione” e di “prevenzione della corruzione”.
Quanto al primo aspetto, l’ANAC ha evidenziato come sia per la Convenzione ONU che per altre Convenzioni internazionali predisposte da organizzazioni internazionali, (es. OCSE e Consiglio d’Europa) firmate e ratificate dall’Italia, la corruzione consista «in comportamenti soggettivi impropri di un pubblico funzionario che, al fine di curare un interesse proprio o un interesse particolare di terzi, assuma (o concorra all’adozione di) una decisione pubblica, deviando, in cambio di un vantaggio (economico o meno), dai propri doveri d’ufficio, cioè dalla cura imparziale dell’interesse pubblico affidatogli. Questa definizione, che è tipica del contrasto penalistico ai fenomeni corruttivi, volto ad evitare comportamenti soggettivi di funzionari pubblici (intesi in senso molto ampio, fino a ricomprendere nella disciplina di contrasto anche la persona incaricata di pubblico servizio), delimita il fenomeno corruttivo in senso proprio. Nell’ordinamento penale italiano la corruzione non coincide con i soli reati più strettamente definiti come corruttivi (concussione, art. 317, corruzione impropria, art. 318, corruzione propria, art. 319, corruzione in atti giudiziari, art. 319-ter, induzione indebita a dare e promettere utilità, art. 319-quater), ma comprende anche reati relativi ad atti che la legge definisce come “condotte di natura corruttiva”. L’Autorità, con la propria delibera n. 215 del 2019, sia pure ai fini dell’applicazione della misura della rotazione straordinaria, ha considerato come “condotte di natura corruttiva” tutte quelle indicate dall’art. 7 della legge n. 69 del 2015, che aggiunge ai reati prima indicati quelli di cui agli art. 319-bis,321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis del codice penale. Con questo ampliamento resta ulteriormente delimitata la nozione di corruzione, sempre consistente in specifici comportamenti soggettivi di un pubblico funzionario, configuranti ipotesi di reato».
In ordine alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, l’ANAC, richiamati i contenuti e le direttive delle Convenzioni Internazionali di riferimento, ha precisato che «per essere efficace, la prevenzione della corruzione deve consistere in misure di ampio spettro, che riducano, all’interno delle amministrazioni, il rischio che i pubblici funzionari adottino atti di natura corruttiva (in senso proprio). Esse, pertanto, si sostanziano tanto in misure di carattere organizzativo, oggettivo, quanto in misure di carattere comportamentale, soggettivo.
Le misure di tipo oggettivo sono volte a prevenire il rischio incidendo sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Tali misure preventive (tra cui, rotazione del personale, controlli, trasparenza, formazione) prescindono da considerazioni soggettive, quali la propensione dei funzionari (intesi in senso ampio come dipendenti pubblici e dipendenti a questi assimilabili) a compiere atti di natura corruttiva e si preoccupano di precostituire condizioni organizzative e di lavoro che rendano difficili comportamenti corruttivi.
Le misure di carattere soggettivo concorrono alla prevenzione della corruzione proponendosi di evitare una più vasta serie di comportamenti devianti, quali il compimento dei reati di cui al Capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale (“reati contro la pubblica amministrazione”) diversi da quelli aventi natura corruttiva, il compimento di altri reati di rilevante allarme sociale, l’adozione di comportamenti contrari a quelli propri di un funzionario pubblico previsti da norme amministrativo-disciplinari anziché penali, fino all’assunzione di decisioni di cattiva amministrazione, cioè di decisioni contrarie all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione, in primo luogo sotto il profilo dell’imparzialità, ma anche sotto il profilo del buon andamento (funzionalità ed economicità)».
L’Autorità ha pertanto sottolineato che «con la legge 190/2012, è stata delineata una nozione ampia di “prevenzione della corruzione”, che comprende una vasta serie di misure con cui si creano le condizioni per rendere sempre più difficile l’adozione di comportamenti di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nei soggetti, anche privati, considerati dalla legge 190/2012», venendo perciò in rilievo un intervento normativo con il quale «non si modifica il contenuto tipico della nozione di corruzione ma per la prima volta in modo organico si introducono e, laddove già esistenti, si mettono a sistema misure che incidono laddove si configurano condotte, situazioni, condizioni, organizzative ed individuali - riconducibili anche a forme di cattiva amministrazione - che potrebbero essere prodromiche ovvero costituire un ambiente favorevole alla commissione di fatti corruttivi in senso proprio».
La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di adeguate misure di prevenzione e contrasto alla corruzione in ogni amministrazione pubblica o ente comunque obbligato, attraverso l’elaborazione di un Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), anche sulla base delle indicazioni fornite attraverso il PNA, a seguito dell’analisi e valutazione dei rischi corruttivi ipotizzabili all’interno dell’organizzazione oggetto di analisi.
Il PTPCT rappresenta il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione della corruzione. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo.
Il Piano è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e degli specifici rischi corruttivi, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna misura e dei tempi.
Il PTPCT contiene:
- l’individuazione delle aree sensibili al rischio corruttivo;
- l’individuazione per ogni area degli interventi per ridurre i rischi;
- la programmazione delle iniziative di formazione;
- l’individuazione dei referenti e dei soggetti tenuti a relazionare al Responsabile per la prevenzione;
- l’individuazione delle misure di trasparenza;
- la definizione delle misure per l’aggiornamento e il monitoraggio del Piano stesso;
- l’individuazione delle modalità e dei tempi di attuazione delle altre misure di carattere trasversale contenute nella legge n. 190/2012 e nei suoi decreti attuativi.
La prevenzione della corruzione si fonda sul processo di gestione del “rischio” (risk management):
- il verificarsi di fatti corruttivamente rilevanti viene identificato come “rischio” idoneo ad incidere sul corretto perseguimento di interessi pubblici;
- il “rischio” rappresenta, quindi, un “costo” che mina il corretto impiego delle risorse e riduce “le performance” dell’amministrazione;
- il “rischio corruzione” non consente di garantire adeguatamente i principi di efficienza, efficacia ed economicità che sono posti a fondamento dell’azione amministrativa;
- il “rischio corruzione” produce danni economicamente rilevanti che si riflettono sul sistema economico-finanziario del Paese.
Sul punto il PNA 2019, precisato che «poiché ogni amministrazione presenta differenti livelli e fattori abilitanti al rischio corruttivo per via delle specificità ordinamentali e dimensionali nonché per via del contesto territoriale, sociale, economico, culturale e organizzativo in cui si colloca, per l’elaborazione del PTPCT si deve tenere conto di tali fattori di contesto. Il PTPCT, pertanto, non può essere oggetto di standardizzazione», ha enucleato i seguenti principi guida di cui occorre tener conto nella progettazione e attuazione del processo di gestione del rischio corruttivo, ovvero:
- principi strategici (coinvolgimento dell’organo di indirizzo, cultura organizzativa diffusa di gestione del rischio, collaborazione tra amministrazioni);
- principi metodologici (prevalenza della sostanza sulla forma, gradualità, selettività, integrazione, miglioramento e apprendimento continuo);
- principi finalistici (effettività, orizzonte del valore pubblico),
sviluppando ed aggiornando al contempo le indicazioni metodologiche per la gestione del rischio corruttivo confluite nell’Allegato 1 al PNA 2019, il quale diventa l’unico documento metodologico di riferimento ed il cui nuovo approccio valutativo (di tipo qualitativo) può essere applicato in modo graduale dalle amministrazioni che abbiano già predisposto il Piano utilizzando l’Allegato 5 al PNA 2013, «in ogni caso non oltre l’adozione del PTPC 2021-2023».
Il soggetto deputato alla predisposizione, monitoraggio ed eventuale aggiornamento del piano è, secondo quanto previsto dalla legge n. 190/2012 come riformata dal d.lgs. n. 97/2016, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), il quale in ossequio al disposto di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 33 del 2013 (secondo cui «Ogni amministrazione indica, in un'apposita sezione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 190 del 2012, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del presente decreto») ed all’art 43 del medesimo decreto legislativo, «svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione», controllando ed assicurando al contempo la regolare attuazione dell'accesso civico.
1.2. L’applicazione delle norme sulla prevenzione della corruzione agli ordini professionali ed il processo di pianificazione ed attuazione delle misure di prevenzione della corruzione nel Consiglio Notarile Distrettuale di Terni
Con la delibera n. 145 del 21 ottobre 2014, l’ANAC ha ritenuto “applicabili le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli Ordini e ai Collegi professionali”. Nello specifico è ivi stabilito che i detti enti sono tenuti a “predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013”.
Il PNA 2015 ha chiarito, al riguardo, che gli ordini professionali nazionali adottano ciascuno un proprio PTPCT e a tali soggetti si applicano gli indirizzi contenuti nel PNA e nei suoi aggiornamenti. Agli ordini e ai collegi professionali, peraltro, è dedicata un’apposita sezione del PNA 2016 ove viene precisato come gli ordini professionali rientrino nel novero dei soggetti tenuti a conformarsi al d.lgs. 33/2013 e ad essi si applichi la disciplina prevista dalle l. 190/2012 in materia di misure di prevenzione della corruzione. Il PNA 2019 ha, da ultimo, precisato che gli approfondimenti operati nel PNA 2016 mantengono ancora oggi la loro validità.
Ad ogni buon conto, già anteriormente all’approvazione definitiva del PNA 2016, il CND continuava a dare corso agli adempimenti di cui alla normativa di contrasto alla corruzione, prontamente procedendo alla nomina del RPCT della prevenzione della corruzione e all’avvio delle attività correlate agli adempimenti in materia di trasparenza (v. i Verbali di Adunanza Consiliare del 19/01/2015, ove si è provveduto alla nomina del Responsabile Anticorruzione, e del 09/02/2015, ove quest'ultimo rappresentava le criticità derivanti dagli obblighi scaturenti dalle prescrizioni in materia).
In tale contesto, seppur in assenza di specifiche indicazioni applicative della c.d. “normativa anticorruzione” alle peculiari specifiche organizzative e funzionali dei CND, si era quindi proceduto all’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPCT), per gli anni 2016-2018, per il Consiglio Notarile Distrettuale di Terni, e del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI) che costituiva una sezione del presente PTPCT.
I predetti atti di pianificazione erano stati elaborati in ossequio alle disposizioni normative all’epoca vigenti e alle indicazioni metodologiche contenute nel Piano nazionale anticorruzione (PNA), oltre che alle prassi applicative rinvenibili in materia.
Il CND di Terni, inoltre, era comunque da lungo tempo impegnato nella promozione dell’etica, della legalità e della trasparenza, in aderenza alle prescrizioni del Regolamento del Consiglio Nazionale del Notariato e del Comitato Esecutivo, attuativo delle norme contenute nelle leggi 3 agosto 1949 n. 577, 20 febbraio 1956 n. 58 e 27 giugno 1991 n. 220.
Ad oggi il presente PTPCT, in ossequio alle indicazioni contenute nelle delibere ANAC intervenute a partire dal 2016, delinea un compiuto ed organico sistema di prevenzione che si pone in linea di continuità con le iniziative sin qui adottate dal CNN, anche al di fuori di specifici obblighi previsti dalla legge, con la finalità di promuovere la legalità, l’etica e l’integrità nei comportamenti di coloro che operano nell’interesse del Consiglio stesso.
L’elaborazione del presente Piano, in conformità a quanto indicato nell’Allegato 1 al PNA 2019, si è sviluppata attraverso le fasi di seguito riportate: Analisi del contesto esterno ed interno; Valutazione del rischio (Identificazione del rischio/Analisi del rischio/Ponderazione del rischio); Trattamento del rischio (Identificazione delle misure/ Programmazione delle misure). Secondo quanto previsto nel PNA 2019, l’Allegato 1 costituisce «l’unico riferimento metodologico da seguire nella predisposizione del PTPCT per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo e aggiorna, integra e sostituisce le indicazioni metodologiche contenute nel PNA 2013 e nell’Aggiornamento PNA 2015». L’Allegato 1 «diventa pertanto l’unico strumento metodologico da seguire nella predisposizione dei Piani triennali della prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) per la parte relativa alla gestione del rischio corruttivo, mentre restano validi riferimenti gli approfondimenti tematici (es. contratti pubblici, sanità, istituzioni universitarie, etc.) riportati nei precedenti PNA».
- L’analisi del contesto esterno ed interno
La struttura territoriale del Notariato si articola in 92 Consigli notarili cui fanno riferimento specifiche aree territoriali (Distretti notarili).
I notai aventi sede nel Distretto costituiscono il Collegio notarile e per ogni Collegio è previsto un Consiglio Notarile che opera in autonomia.
Il CND di Terni è composto da 5 (cinque) notai, eletti dai notai esercenti nel distretto; gli eletti restano in carica tre anni. I membri del Consiglio sono rinnovati per un terzo in ciascun anno, secondo l'ordine di anzianità di nomina. Il Consiglio elegge tra i propri membri il Presidente, il Segretario e il Tesoriere.
Il Consiglio notarile, oltre alle attribuzioni che gli sono demandate dalla legge:
- vigila sulla conservazione del decoro nell'esercizio della professione, e nella condotta dei notai iscritti presso il medesimo, e sull’esatta osservanza dei loro doveri;
- vigila sulla condotta dei praticanti e sul modo in cui gli stessi adempiono i loro doveri, e rilascia i relativi certificati;
- emette, su richiesta delle autorità competenti, il proprio parere sulle materie attinenti al notariato;
- forma ed autentica ogni anno il ruolo dei notai esercenti e praticanti;
- s'interpone, richiesto, a comporre le contestazioni tra notai, e tra notai e terzi, sia per la restituzione di carte e documenti, sia per questioni di spese ed onorari, o per qualunque altro oggetto attinente all'esercizio del notariato;
- riceve dal Tesoriere, in principio di ogni anno, il conto delle spese dell'anno decorso e forma quello preventivo dell'anno seguente, salva l'approvazione del collegio.
Il CND vigila altresì sull'osservanza, da parte dei notai iscritti al collegio, dei principi e delle norme di deontologia professionale elaborati dal Consiglio nazionale del notariato secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma primo, lettera f), della legge 3 agosto 1949, n. 577, e successive modificazioni.
Qualora venga rilevata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero la violazione di altri doveri da parte del notaio, il Consiglio notarile del distretto al quale il notaio è iscritto promuove, per il tramite del presidente, procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 153 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 recante Ordinamento del notariato e degli archivi notarili.
In ogni circoscrizione territoriale è istituita una Commissione amministrativa regionale di disciplina con sede presso il consiglio notarile distrettuale del capoluogo della regione.
Competente per gli illeciti disciplinari commessi dai notai è la Commissione della circoscrizione nella quale è compreso il distretto nel cui ruolo era iscritto il notaio quando è stato commesso il fatto per il quale si procede.
2.1.1. Organismi di diritto privato controllati o partecipati dal CND di Terni
Il CND di Terni promuove la "Scuola di Notariato Umbro-Marchigiana Baldo degli Ubaldi" (Scuola), avente sede presso il CN di Perugia ed il CN di Ancona.
La Scuola persegue i seguenti scopi:
1) lo svolgimento di corsi teorici e pratici di specializzazione post-universitaria in tutte le materie previste nei regolamenti CNN e comunque in tutte le discipline attinenti alla professione di Notaio;
2) l'organizzazione di corsi di perfezionamento e di master per l'esercizio della professione rivolti ai neo vincitori di concorso e di aggiornamento professionale dei notai in esercizio;
3) l'organizzazione ed il patrocinio di dibattiti, seminari, tavole rotonde, conferenze e convegni;
4) la promulgazione di pubblicazioni su argomenti attinenti l'attività notarile;
5) l'istituzione di borse di studi e premi da assegnare agli allievi più meritevoli.
Gli Organi della Scuola sono il Consiglio di Gestione ed il Consiglio dei Docenti.
Il Consiglio di Gestione amministra la Scuola, nomina il Consiglio dei Docenti; promulga l'ordinamento didattico della Scuola e sovrintende allo svolgimento dei corsi. Esso è composto da otto membri, che durano in carica per un triennio, nel cui ambito viene eletto il Presidente, cui spetta la rappresentanza della Scuola. Il Consiglio di Gestione può delegare al suo Presidente specifici incarichi nell'ambito dell'amministrazione della Scuola e speciali compiti di rappresentanza istituzionale.
Il Consiglio dei Docenti è composto dai Docenti responsabili dei singoli Corsi in cui si articola l'attività didattica. Esso nomina i Docenti chiamati a svolgere l'attività didattica e formula proposte al Consiglio di Gestione sull'ordinamento didattico, sullo svolgimento dell'attività didattica, sugli argomenti teorici da approfondire e sulla scelta dei testi.
Il patrimonio della scuola è costituito:
- a) dalle tasse di iscrizioni annuali per i corsi di preparazione al concorso e per i corsi di perfezionamento, nell'ammontare fissato dal Consiglio di Gestione;
- b) dai contributi erogati dal CNN e da qualsiasi altro contributo da chiunque a sotto qualsiasi forma corrisposto;
- c) da eventuali stanziamenti dei Consigli Notarili delle Marche e dell'Umbria;
- d) da proventi derivanti dall'organizzazione da parte della Scuola di eventi, convegni e incontri di studio.
2.1.2. Il contesto organizzativo e la struttura amministrativa del CND di Terni
Nell’ambito del CND è possibile distinguere tra attività istituzionali e di supporto:
- istituzionali, ovvero le attività svolte dal CND in ragione delle competenze attribuitegli dalle norme vigenti;
- supporto, ovvero le attività concernenti i profili organizzativi e funzionali dell’ente, prodromiche al corretto esercizio delle attività istituzionali.
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Terni è composto da cinque Consiglieri, nel cui ambito, ai sensi dell’art. 90 della l. n. 89/1913, sono stati eletti il Presidente (Cons. Filippo Clericò), il Tesoriere (Cons. Gianluca Pasqualini) ed il Segretario (Cons. Fabio Di Russo).
Il Cons. Alberta Canape è stata nominata Responsabile della prevenzione della corruzione .
Il Cons. Gian Luca Pasqualini è stato nominato Responsabile Antiriciclaggio.
Il Cons. Antonio Felice de Rossi è stato nominato Responsabile della Comunicazione.
Il notaio Paolo Cirilli è stato nominato Responsabile dei Rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
Il Consiglio Notarile Distrettuale di Terni si avvale della collaborazione di una unità di personale cui sono demandate prerogative di carattere amministrativo.
- Il PTPCT del CND di Terni
3.1. Il presente PTPCT ha validità triennale (2021-2023).
Il PTPCT è un documento programmatico, per sua natura dinamico, che, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012, viene aggiornato entro il 31 gennaio di ciascun anno (solo per il 2021, «per motivazioni legate all’emergenza sanitaria e al fine di consentire ai RPCT di svolgere adeguatamente tutte le attività connesse all’elaborazione dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza, il Consiglio dell’Autorità ha altresì deliberato di differire alla medesima data (31 marzo 2021) il termine ultimo per la predisposizione e la pubblicazione dei Piani Triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza 2021-2023»).
Il PTPCT è finalizzato, tra l’altro a:
- determinare la consapevolezza in capo ai destinatari che il verificarsi di fenomeni corruttivi espone l’Ente a gravi rischi, in special modo sotto il profilo dell’immagine pubblica, e produce conseguenze sul piano penale e disciplinare a carico dell’autore della violazione;
- sensibilizzare tutti i soggetti destinatari ad impegnarsi attivamente e costantemente nell’attuare le misure di contenimento del rischio previste nel presente documento e nell’osservare le procedure e le regole interne, sollecitando il RPCT ad ogni modifica del Piano utile ai fini del suo rafforzamento;
- assicurare la correttezza dei rapporti tra l’Ente e i soggetti che con esso intrattengono relazioni di qualsiasi genere, anche verificando e vigilando su possibili conflitti d’interesse;
- coordinare le misure di prevenzione della corruzione con i controlli che devono essere attuati per vigilare sul rispetto delle disposizioni sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi previste dal d.lgs. n. 39/2013.
Destinatari del PTPCT sono:
- i componenti del CND;
- i componenti di qualsiasi organo del CND, comunque denominato;
- il personale del CND, a tempo indeterminato e determinato;
- i componenti delle Commissioni (anche se esterni);
- i consulenti e i collaboratori del CND;
- i titolari di contratti per lavori, servizi e forniture;
- tutti coloro che, anche nei fatti, operano per conto o nell’interesse del CND.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) propone al Consiglio l’aggiornamento del PTPCT, sulla base della rilevazione di una o più esigenze che derivino:
- da modifiche normative che abbiano ad oggetto la disciplina in materia di prevenzione della corruzione, la regolamentazione dei reati contro la Pubblica Amministrazione o dei reati che comunque potrebbero costituire forme di abuso da parte del pubblico agente;
- da modifiche normative e regolamentari che incidano sul perimetro delle attribuzioni, delle attività o dell’organizzazione del Consiglio;
- dagli orientamenti eventualmente espressi dall’ANAC in sede di attività consultiva o di vigilanza;
- dalla identificazione e valutazione di nuovi eventi o fattori di rischio;
- dalla emersione di lacune del piano o comunque di situazioni sintomatiche della sua inidoneità ravvisate dal RPCT, anche in seguito all’accertamento di violazioni delle misure preventive, in conformità a quanto previsto dall’art. 1, comma 10, della Legge n. 190/2012.
È fatto obbligo a tutti i soggetti indicati nel presente paragrafo di osservare le norme che disciplinano la prevenzione della corruzione e le disposizioni contenute nel presente PTPCT (completo della sezione dedicata alla trasparenza).
3.2. Sul ruolo e i poteri del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), l’ANAC ha adottato la delibera n. 840 del 2 ottobre 2018 in cui sono state date indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione, che si ritiene utile richiamare sinteticamente all’interno del presente Piano.
Nel dettaglio, è stato chiarito come il quadro normativo di riferimento non declini espressamente i contenuti dei poteri di vigilanza e controllo del RPCT operando, invece, su un diverso piano e cioè quello dell’assegnazione allo stesso di un obiettivo generale consistente nella predisposizione e nella verifica della tenuta complessiva del sistema di prevenzione della corruzione di un’amministrazione o ente, rispetto al quale sono correlate le specifiche responsabilità che gravano sul medesimo. Il cardine dei poteri del RPCT è quindi centrato sul prevenire la corruzione - ossia sulla adeguata predisposizione degli strumenti interni all’amministrazione (PTPCT e relative misure di prevenzione ivi compresa la trasparenza) per il contrasto dell’insorgenza di fenomeni corruttivi, intesi in senso ampio, e sulla verifica che ad essi sia stata data attuazione effettiva – e, pertanto, i poteri di controllo e di verifica di quanto avviene nell’amministrazione sono funzionali a tale obiettivo.
Non spetta, perciò, al RPCT l’accertamento di responsabilità (e quindi la fondatezza dei fatti oggetto di segnalazione), qualunque natura esse abbiano, dovendo il RPCT fare riferimento agli organi preposti appositamente sia all’interno dell’amministrazione (vedi sopra) che all’esterno (ad esempio, qualora emergano elementi utili a configurare fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, il RPCT è tenuto a presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale; ove rilevi poi fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge). Inoltre il RPCT, nell’esercizio delle proprie funzioni - secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed effettività, rispetto allo scopo delle norme vigenti - non può essere chiamato a svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione, né esprimersi sulla regolarità tecnica o contabile di tali atti, a pena di sconfinare nelle competenza dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
In definitiva, «qualora il RPCT riscontri o riceva segnalazioni di irregolarità e/o illeciti, deve, innanzitutto, svolgere una delibazione sul fumus di quanto rappresentato e verificare se nel PTPCT vi siano o meno misure volte a prevenire il tipo di fenomeno segnalato. Tale delibazione è senza dubbio funzionale ai poteri di predisposizione del PTPCT e delle misure di prevenzione che esplicitamente la legge attribuisce al RPCT ma può anche - salvo che la fattispecie e il relativo fumus non si appalesino in modo chiaro dalla segnalazione ricevuta - essere necessario per comprendere quali siano gli organi interni o gli enti/istituzioni esterne a cui rivolgersi per l’accertamento di responsabilità o per l’assunzione di decisioni in ordine al corretto andamento dell’azione amministrativa. Se nel PTPCT esistono misure di prevenzione adeguate, il RPTC è opportuno richieda per iscritto ai responsabili dell’attuazione delle misure - come indicati nel PTCP - informazioni e notizie sull’attuazione delle misure stesse, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste. Qualora, invece, a seguito dell’esame del PTPCT non risulti mappato il processo in cui si inserisce il fatto riscontrato o segnalato ovvero, pur mappato il processo, le misure manchino o non siano ritenute adeguate rispetto alla fattispecie rappresentata, il RPCT è opportuno proceda con la richiesta scritta di informazioni e notizie agli uffici responsabili su come siano state condotte le attività istituzionali su cui si innesta il fenomeno di presunta corruzione riscontrato o segnalato, rappresentando, anche in modo circostanziato e con riferimento alla fattispecie specifica riscontrata o segnalata, le ragioni per le quali tali notizie e informazioni vengono richieste.
In tal senso, ad esempio, il RPCT potrà chiedere ai dipendenti che hanno istruito un procedimento in difformità alle indicazioni fornite nel PTPCT e ai dirigenti che lo hanno validato, di fornire motivazione per iscritto circa le circostanze di fatto e di diritto che sottendono all’adozione del provvedimento. Gli uffici e i dipendenti interessati, a loro volta, possono certamente allegare documenti alle risposte che inviano.
[…] Nello svolgimento di tale attività di verifica, ci si può chiedere se, nel silenzio della legge, il RPCT sia autorizzato anche all’audizione di dipendenti e all’acquisizione diretta di atti dei procedimenti oggetto di criticità. […] Ad avviso dell’Autorità, la valutazione da compiere va orientata nella stessa logica sopra riportata. L’acquisizione di atti e documenti da parte del RPCT e l’audizione di dipendenti (da verbalizzare, o comunque da tracciare adeguatamente) è ammessa nella misura in cui consente al RPCT di avere una più chiara ricostruzione dei fatti oggetto della segnalazione. Non, dunque, al fine dell’accertamento di responsabilità o della fondatezza dei fatti oggetto della segnalazione ma per poter, se necessario, attivare gli organi sia interni che esterni all’amministrazioni competenti al riguardo, ovvero per calibrare il PTPCT rispetto ai fatti corruttivi che possono verificarsi nell’ente. Questo potere istruttorio del RPCT va utilizzato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza. Ciò vuol dire che se il RPCT può acquisire elementi e valutazioni utili ai fini sopra indicati attraverso l’interlocuzione con gli uffici o le strutture interne, anche di controllo o con compiti ispettivi, è opportuno che si avvalga della loro collaborazione» (così testualmente delibera n. 840 del 2018).
Con particolare riferimento alle prerogative assegnate al RPCT dalla disciplina sul whistleblowing (previste nell’art. 54-bis del d.lgs.165/2001), il PNA 2019 evidenzia che «il RPCT, oltre a ricevere e prendere in carico le segnalazioni, pone in essere gli atti necessari ad una prima “attività di verifica e di analisi delle segnalazioni ricevute” da ritenersi obbligatoria in base al co. 6 dell’art. 54-bis. Si rammenta infatti che la richiamata disposizione prevede che ANAC irroghi sanzioni pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. Sul potere sanzionatorio dell’Autorità si rinvia al Regolamento del 30 ottobre 2018 «Sull'esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro di cui all'art. 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 (c.d. whistleblowing)» adottato con delibera ANAC n. 1033 del 30 ottobre 2018 e recentemente modificato con delibera n. 312 del 10 aprile 2019. L’onere di istruttoria, che la legge assegna al RPCT, si sostanzia, ad avviso dell’Autorità, nel compiere una prima imparziale delibazione sulla sussistenza (c.d. fumus) di quanto rappresentato nella segnalazione, in coerenza con il dato normativo che si riferisce ad una attività “di verifica e di analisi”. Resta fermo, in linea con le indicazioni già fornite nella delibera n. 840/2018, che non spetta al RPCT svolgere controlli di legittimità o di merito su atti e provvedimenti adottati dall’amministrazione oggetto di segnalazione né accertare responsabilità individuali».
3.3. La violazione delle misure contenute nel presente Piano è sanzionata in modo graduale, tenuto conto del ruolo e delle competenze del soggetto che pone in essere la violazione:
- nel caso di ipotizzata violazione da parte dei Consiglieri o di altro organo del CND, il RPCT comunica il fatto al Consiglio, per le determinazioni del caso, e quest’ultimo delibera i provvedimenti da adottare; laddove la violazione sia stata posta in essere da parte di un componente del Consiglio, l’autore della violazione avrà l’obbligo di astenersi dalle attività correlate all’adozione dei previsti provvedimenti;
- nel caso di ipotizzata violazione da parte dei dipendenti e degli altri soggetti obbligati all’osservanza del presente Piano, si configura un’ipotesi di illecito disciplinare, secondo quanto stabilito dall’art.1, comma 14 della Legge n. 190/2012, e il RPCT propone al Consiglio per i provvedimenti da adottare;
- nel caso di ipotizzata violazione da parte di soggetto esterno al Consiglio, vengono attivate le clausole contrattuali volte a dare rilevanza a tali comportamenti ai fini della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno;
- nel caso di ipotizzata violazione da parte di soggetti che compongono Commissioni nominati dal Consiglio, il RPCT comunica il fatto al Consiglio per le determinazioni del caso.
Al RPCT si applica il regime di responsabilità previsto dall’art. 1, commi 12 e seguenti della legge n. 190 del 2012; in particolare:
- nel caso di commissione all’interno dell’Ente di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il RPCT verrà destituito dall’incarico e sarà chiamato a rispondere conformemente a quanto previsto dalle norme vigenti, salvo che provi di avere predisposto - prima della commissione del fatto - il piano di prevenzione della corruzione, di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2012 e di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano;
- nel caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano, il RPCT verrà destituito dall’incarico e sarà chiamato a rispondere conformemente a quanto previsto dalle norme vigenti per omesso controllo, salvo che provi di avere comunicato le misure da adottare e le relative modalità e di avere vigilato sull'osservanza del Piano.
Il provvedimento di revoca dell’incarico di RPCT, alla luce di quanto precisato nella determinazione ANAC n. 1208 del 22 novembre 2017, deve essere adottato nel rispetto del combinato disposto delle previsioni contenute nell’art. 1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e nell’art. 15 comma 3 del D. Lgs. n. 39 del 2013: la relativa statuizione pertanto deve essere comunicata tempestivamente all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione; decorso tale termine, la revoca diventa efficace. L’ANAC può intervenire con richiesta di riesame anche nel caso di presunte misure discriminatorie comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle funzioni di RPCT. Le modalità di intervento dell’ANAC sono disciplinate dal «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione» approvato con delibera n. 657 del 2018.
In relazione alle ipotesi descritte dovrà essere sempre e comunque garantito il contraddittorio con gli interessati e una procedura di accertamento delle violazioni trasparente e imparziale.
3.4. La legge n. 190/2012 prevede la pianificazione di misure “obbligatorie” (fissate per le legge o “suggerite” dal PNA) e “specifiche” di prevenzione della corruzione.
Per poter utilmente definire tali misure è necessario preventivamente analizzare l’organizzazione dell’ente e definire i processi che ne caratterizzano il funzionamento nonché individuare i possibili rischi corruttivi, tenendo presente l’ampia nozione di corruzione declinata nel PNA.
Per processo si intende un insieme di attività interrelate che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all'amministrazione (utente). Il concetto di processo è più ampio di quello di procedimento amministrativo e ricomprende anche le procedure di natura privatistica.
Al fine di adottare una razionale pianificazione anticorruzione è necessario, dunque, procedere ad un’adeguata mappatura dei processi. La mappatura dei processi consente l’individuazione del contesto entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio. Per l’attività di mappatura dei processi debbono essere coinvolti i responsabili dei diversi uffici in cui si articola l’ente.
Alla mappatura dei processi consegue l’identificazione dei rischi, che consiste nella ricerca, l’individuazione e la descrizione dei rischi medesimi. Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’ente, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.
L’attività di identificazione richiede che per ciascun processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione. Questi emergono considerando il contesto esterno ed interno all’ente. L’analisi del rischio include la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto) per giungere alla determinazione del livello di rischio. Il livello di rischio è rappresentato da un valore numerico o, comunque, da un parametro oggettivo che ne definisca la “pericolosità” per l’ente. L’identificazione dei rischi viene condotta sottoponendo, nel corso di interviste ai responsabili dei diversi uffici, alcune schede di rilevazione degli eventi rischiosi, in relazione ai processi censiti. Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’ente. In tale sede, ai responsabili può essere chiesto di proporre le misure necessarie per la riduzione/eliminazione dei rischi.
All’attività di identificazione fa seguito la gestione del rischio, con cui si intende l’insieme delle attività coordinate per ridurre (e, sperabilmente, eliminare) le probabilità che un dato rischio si verifichi e il grado di impatto che il verificarsi del rischio potrebbe avere sull’organizzazione e il funzionamento dell’ente. I principi fondamentali utilizzati per una corretta gestione del rischio ai quali si fa riferimento nel presente documento sono quelli declinati nel PNA e desunti dai Principi e linee guida UNI ISO 31000:2010, che rappresentano l’adozione nazionale, in lingua italiana, della norma internazionale ISO 31000 (edizione novembre 2009), elaborata dal Comitato tecnico ISO/TMB “Risk Management”. Con l’Allegato 1 del PNA 2019 l’ANAC ha dettato la metodologia applicativa di tali principi per le finalità di definizione di adeguate misure di prevenzione della corruzione.
L’analisi dei rischi consente di ottenere una classificazione degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato, in base alla quale definire con ponderazione il trattamento dei rischi medesimi, attraverso l’associazione di misure specifiche oltre che delle misure obbligatorie previste per legge.
Per “rischio” deve intendersi, quindi, un evento o una condizione sfavorevole che potrebbe verificarsi nel corso delle attività svolte da una determinata organizzazione, con possibili conseguenze dirette o indirette sulle medesime attività, ovvero, l’eventualità di poter subire un danno, connessa a circostanze più o meno prevedibili.
L’individuazione di aree di rischio omogenee, ovvero di insieme di processi “rischiosi”, ha la finalità di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’ente che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il PTPCT deve identificare le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.
In tal senso, vi sono aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni/enti/soggetti ai quali si applicano le norme anticorruzione, che sono indicate nell’Allegato 2 del PNA 2013 che ne riporta un elenco (desumendole da quelle iscritte nella legge n. 190/2012), cui dovrebbero aggiungersi le ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alle proprie specificità.
A seguito dell’aggregazione dei processi, nel PTPCT risultano le seguenti “aree”:
- aree di rischio “generali”: alle quali fanno capo le “aree obbligatorie” (indicate dalla legge meglio specificate nel PNA: autorizzazione o concessione; scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari; concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale) e le aree “generali” – (indicate dall’ANAC nel PNA 2015: gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio; controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni; incarichi e nomine; affari legali e contenzioso);
- aree ulteriori o “specifiche”: altre aree che fanno riferimento alla peculiare organizzazione dell’ente e alle attività proprie del medesimo.
Nel PNA 2016 l’ANAC ha indicato tre aree a rischio tipiche degli ordini professionali:
- formazione professionale continua;
- rilascio di pareri di congruità (nell’eventualità dello svolgimento di tale attività da parte di ordini e collegi territoriali in seguito all’abrogazione delle tariffe professionali);
- indicazione di professionisti per l’affidamento di incarichi specifici.
In relazione a tali possibili aree di rischio il CND di Terni esercita specifiche prerogative nell’ambito di ciascuna di esse.
- Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) del CND di Terni.
Il Consiglio nomina il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa vigente e delle indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del PNA 2016 con particolare riferimento agli ordini ed ai collegi professionali («Per quanto attiene alla specifica realtà degli ordini e collegi professionali, si ritiene che il RPCT debba essere individuato all’interno di ciascun Consiglio nazionale, ordine e collegio professionale (sia a livello centrale che a livello locale). Più in particolare, l’organo di indirizzo politico individua il RPCT, di norma, tra i dirigenti amministrativi in servizio. Occorre sottolineare, al riguardo, che Ordini e Collegi non necessariamente dispongono di personale con profilo dirigenziale. In tali casi, si pone pertanto, il problema dell’individuazione del soggetto al quale affidare il ruolo di RPCT. […] nelle sole ipotesi in cui gli ordini e i collegi professionali siano privi di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Solo in via residuale e con atto motivato, il RPCT potrà coincidere con un consigliere eletto dell’ente, purché privo di deleghe gestionali. In tal senso, dovranno essere escluse le figure di Presidente, Consigliere segretario o Consigliere tesoriere. In questi casi, è auspicabile, al fine di prevedere forme di responsabilità collegate al ruolo di RPCT, che i Consigli nazionali, gli ordini e collegi territoriali - nell’impossibilità di applicare le responsabilità previste dalla l. 190/2012 ai consiglieri - definiscano e declinino forme di responsabilità almeno disciplinari, ai fini delle conseguenze di cui alla predetta legge, con apposite integrazioni ai propri codici deontologici»).
Il RPCT del CND di Terni si coordina con il RPCT del CNN al fine di rendere coordinata e omogenea e l’attuazione della normativa sulla prevenzione della corruzione in tutte le articolazioni territoriali dell’Ordine professionale della categoria notarile.
Ai sensi della legge n. 190/2012, il RPCT predispone il PTPCT e lo propone per l’approvazione del Consiglio, ne verifica l'efficace attuazione e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente. Una copia del PTCPT adottato dal CND viene trasmesso, a cura del RPCT, al RPCT del Consiglio Nazionale del Notariato.
Il RPCT dispone, d'intesa con il responsabile della struttura competente, l’eventuale rotazione, ove possibile, degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione, ove esistenti (art. 1, comma 10, lett. b), legge n. 190/2012) e cura l’individuazione del personale, ove presente, da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c), legge n. 190/2012).
Entro il 15 dicembre di ogni anno, il RPCT pubblica sul sito web del CND o nella sezione ad esso riservata nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Consiglio Nazionale del Notariato, una relazione recante i risultati dell’attività svolta (art. 1, comma 14, seconda parte, legge n. 190/2012). La relazione pubblicata viene trasmessa, altresì, al Consiglio.
- Mappatura dei processi, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
Al fine di effettuare la mappatura dei processi del CND e le conseguenti attività di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi, il RPCT potrà avvalersi, ove lo ritenga, della collaborazione di referenti interni, nominati dal Consiglio, su proposta del RPCT nelle articolazioni dell’ente ove previste.
I processi del CND sono distinti in due macro-aree di attività:
- istituzionali, ovvero quelli riferiti alle attività svolte dal CND in ragione delle competenze attribuitegli dalle norme vigenti;
- strumentali, ovvero quelli concernenti i profili organizzativi e funzionali dell’ente, prodromici al corretto esercizio dei processi istituzionali.
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi istituzionali, le seguenti:
Sono sotto-aree dell’area di attività dei processi strumentali, le seguenti:
- gestione e reclutamento del personale [“area a rischio obbligatoria”, ai sensi dell’art. 1, comma 16 della legge n. 190/2012 e del PNA];
- acquisizione di lavori, beni e servizi [“area a rischio obbligatoria”, ai sensi dell’art. 1, comma 16 della legge n. 190/2012 e del PNA];
- incarichi e nomine [“area generale”, ai sensi della determinazione ANAC n. 12/2015 (aggiornamento al PNA)];
- gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio [“area generale”, ai sensi della determinazione ANAC n. 12/2015 (aggiornamento al PNA)];
- iscrizione, su richiesta degli interessati, nel registro dei praticanti ai fini dello svolgimento del prescritto periodo di pratica notarile;
- archivio e protocollo.
5.1. La metodologia utilizzata
Si è proceduto alla compilazione di apposite schede di rilevazione dei processi (che si allegano: Modello “1” e Modello “2”) e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati (misure specifiche), per ognuna delle sotto-aree individuate nelle due “macro aree” di attività (istituzionali e strumentali). Per la valutazione del rischio è stato applicato il c.d. “principio di precauzione”.
Le schede di rilevazione dei processi e di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi rilevati costituiscono l’Allegato “A” al presente PTPCT, mentre il catalogo dei rischi, ordinati per valore, al fine di definire compiutamente le priorità di intervento, costituisce l’Allegato “B”. Le evidenze contenute all’interno delle predette schede verranno implementate nel corso del 2021 coerentemente alle indicazioni contenute nell’Allegato 1 del PNA 2019.
- Le c.d. “misure obbligatorie” di prevenzione della corruzione
Costituiscono misure di prevenzione della corruzione “obbligatorie”, poiché previste espressamente dalla normativa vigente:
- l’adozione di adeguate misure di trasparenza (disciplinate dal d.lgs. n. 33/2103 e di sarà dato dettagliato conto nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, che costituisce apposita Sezione del presente PTPCT);
- l’adozione di un codice di comportamento settoriale;
- la tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (c.d. whistleblower);
- la rotazione del personale, ove esistente, nelle aree a rischio corruzione;
- la prevenzione dei casi di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, come previsto dal d.lgs. n. 39/2013;
- la disciplina dello svolgimento, ove previsto, di incarichi d’ufficio e di attività ed incarichi extra-istituzionali da parte dei dipendenti;
- la disciplina dello svolgimento di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (pantouflage – revolving doors) art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001;
- l’astensione in caso di conflitto di interesse;
- l’adozione di patti di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture;
- l’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni;
- la verifica dei rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti;
- la formazione del personale dipendente, ove esistente, in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità.
Deve, altresì, considerarsi alla stregua di vera e propria misura di prevenzione l’informatizzazione dei processi; questa consente la tracciabilità dello sviluppo del processo delle attività dell’ente e la riduzione del rischio di “blocchi” non controllabili nonché l’emersione delle responsabilità per ciascuna fase.
6.1. Codice di comportamento
Il CND di Terni, ad integrazione e specificazione dei doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, contenuti nel d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, ha adottato un proprio “Codice di comportamento” il cui testo è pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileterni.it.
Il CND di Terni, peraltro, provvederà a riesaminare ed eventualmente ad integrare i contenuti del suddetto codice nel corso del 2021, alla luce di quanto indicato nelle «Linee guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche» approvate dall’ANAC con delibera n. 177 del 19 febbraio 2020.
6.2. La tutela del personale che segnala illeciti: il whistleblowing
L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whistleblower), al fine di consentire l’emersione di fattispecie di illecito commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparate ai sensi della normativa anticorruzione. Di recente, la legge 30 novembre 2017, n. 197, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reato o irregolarità in cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ha ulteriormente inasprito le sanzioni per coloro i quali non prendono nella dovuta considerazione le segnalazioni di illecito e per coloro i quali attuano comportamenti ritorsivi sui dipendenti segnalanti o ne rivelano impropriamente l’identità.
Il RPCT accerta che chi segnala illeciti, sia egli dipendente dell’Ente (cfr. art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001) o altro soggetto che con esso intrattiene a qualsiasi titolo rapporti, non subisca ingiuste ripercussioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.
La segnalazione può essere inoltrata al RPCT, all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti e all’ANAC.
Nell'ambito dell’eventuale procedimento disciplinare instauratosi a seguito della segnalazione, l'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
È fatta salva la perseguibilità per responsabilità penali per calunnia e diffamazione e civili per il risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Il CND garantisce per la segnalazione di illeciti:
- la tutela all’anonimato;
- il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower;
- la previsione che la denuncia è sottratta al diritto di accesso fatta esclusione delle ipotesi eccezionali descritte nel comma 2 dell’art. 54 bis d.lgs. n. 165 del 2001 in caso di necessità di svelare l’identità del denunciante.
Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione, per il fatto di aver effettuato una segnalazione di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al RPCT.
Le segnalazioni possono essere inoltrare alla casella e-mail: rcp-terni@notariato.it oppure essere presentate direttamente agli organi sopra indicati, sempre indicando le proprie generalità. Non sono ammesse segnalazioni anonime che possono, comunque, essere fonte di autonome procedure di verifica e vigilanza da parte del RPC o degli altri organi competenti.
6.3. La rotazione del personale
In considerazione delle peculiarità strutturali, organizzative e funzionali del CND, e delle professionalità del personale esistente, il RPCT, rilevata l’impossibilità di dare concreta attuazione a misure di avvicendamento del personale nell’ambito dei processi a rischio e nel solo caso in cui ne ravvisi la necessità, propone al Consiglio l’adozione di misure alternative nel rispetto di quanto prescritto all’interno dell’Allegato 2 al PNA 2019.
6.4. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di componente del Consiglio e per gli incarichi dirigenziali
La disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità degli incarichi nelle amministrazioni pubbliche e negli enti comunque soggetti a tale normativa è dettata dal d.lgs. n. 39/2013.
Al CND si applicano, in via di principio e compatibilmente con quanto disposto agli artt. 2 e 2 bis del d.l. 31 agosto 2013, n. 101, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39/2013 (segnatamente gli articoli 3, 6, 9 e 13) e al d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza.
I componenti dell’organo di indirizzo politico-amministrativo del CND, i dirigenti, ove previsti, i dipendenti, all’atto dell’assunzione, i consulenti e i collaboratori dell’ente sono tenuti a sottoscrivere, in aggiunta alle dichiarazioni espressamente previste dalle norme di contrasto alla corruzione, una dichiarazione che attesti l’assenza di cause di conflitti di interesse, anche solo potenziali, rispetto alle attività e alle finalità istituzionali dell’Ente.
6.5. Pantouflage/Revolving doors: disciplina dello svolgimento di attività successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro (art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001)
L’ambito della norma è riferito ai dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi.
In attuazione dell’art. 53, comma 16 ter, d.lgs. n. 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non potranno svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
Detta disposizione prevede la nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto e il divieto per i soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
Ciò posto si prevede che i contratti di assunzione del CND di Terni dovranno contenere la clausola concernente i divieti sopra richiamati e che coloro che partecipano a procedure di scelta del contraente per l’affidamento di contratti di lavori, servizi o forniture o, comunque, coloro i quali intrattengono rapporti contrattuali con il CND di Terni, siano tenuti a rendere una dichiarazione nella quale attestino di non avere alle proprie dipendenze ex dipendenti pubblici cessati dal rapporto di pubblico impiego che nei tre anni precedenti la cessazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti del soggetto presso il quale risultano assunti. Si prevede, in caso di violazione della citata disposizione contrattuale, l’esclusione dalle procedure di affidamento dei soggetti interessati.
6.6. L’astensione in caso di conflitto di interesse
Conformemente a quanto previsto dalla normativa anticorruzione, dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013), nel PNA e dal Codice di comportamento adottato dal CND di Terni, i dipendenti che nello svolgimento delle attività istituzionali riterranno di trovarsi in una delle condizioni, anche solo potenziali, idonee a configurare un conflitto di interesse, saranno tenuti a darne tempestiva comunicazione al proprio RPCT.
In attesa dell’adozione di specifiche modalità di segnalazione che saranno disciplinate con atti regolamentari del CND, il personale dipendente e, comunque, tutti i soggetti che operano in nome e per conto dell’Ente o che prestano attività di consulenza o collaborazione sono tenuti ad astenersi dal compimento di qualsiasi attività in costanza di un potenziale o attuale conflitto di interessi.
La nozione di conflitto di interessi è desumibile dal d.P.R. n. 62/2013 e dal Codice di comportamento adottato dal CND.
Sul punto l’articolo 42 del d.lgs. 50/2016 introduce una disciplina particolare per le ipotesi di conflitto di interesse nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, richiedendo alle stazioni appaltanti la previsione di misure adeguate per contrastare frodi e corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.
Sulla base di tali previsioni, l'ANAC ha ritenuto opportuno procedere all'adozione di linee guida ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici, con l'obiettivo di agevolare le stazioni appaltanti nelle attività di competenza e favorire la diffusione di buone pratiche (linee guida n. 15/2019 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici»).
Al fine adottare idonee misure di prevenzione delle ipotesi di conflitto di interessi, i soggetti che svolgono il ruolo di RUP o intervengono in procedimenti amministrativi con ruoli tali da poter influenzare la manifestazione della volontà dell’ente, devono presentare idonea autocertificazione che attesti l’assenza di cause di conflitto di interessi ai sensi dell’art. 6-bis della legge n. 241/1990, dell’art. 42 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 7 del d.P.R. n. 62/2013, oltre a tutte le altre ipotesi previste dalla normativa vigente e dagli atti interni del CND.
6.7. L’adozione di patti di integrità nelle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture
I soggetti che partecipano a procedure per l’affidamento di lavori, servizi o forniture o che, comunque, ricevono i predetti affidamenti in via diretta, sono tenuti a sottoscrivere i cd. “patti di integrità” con i quali si obbligano al rispetto:
- della normativa sulla prevenzione della corruzione;
- dei principi e delle misure di prevenzione della corruzione previste nel presente PTPCT;
- di quanto previsto nel Codice di comportamento adottato dal CND.
6.8. L’adozione di adeguate misure per prevenire casi di incompatibilità di soggetti nella formazione di commissioni
Ai fini della prevenzione del fenomeno corruttivo nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, introdotto dall’art. 1, comma 46, della legge n. 190/2012, e dall’art. 3 del d.lgs. 39/2013, a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro secondo del Codice penale è fatto divieto di:
- far parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o per la selezione del personale;
- essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
- far parte di commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
6.9. Rapporti tra il CND e i soggetti che con lo stesso instaurano rapporti
Il CND di Terni, ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. e), della legge 190/2012, è tenuto a monitorare i rapporti con i soggetti con esso contraenti o interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’ente.
A tal fine il CND dovrà garantire che i componenti delle commissioni di gara, nell’ambito della prima seduta, compilino apposita dichiarazione in cui ciascun componente attesti l’inesistenza di eventuali rapporti o relazioni di parentela con i soggetti partecipanti alla stessa.
6.10. La formazione del personale dipendente in materia di prevenzione della corruzione, etica e legalità
Il RPCT del CND, anche quale Responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI), pianifica lo svolgimento di percorsi formativi in materia di prevenzione della corruzione per il personale impiegato nelle aree di attività con processi mappati come “a rischio”, mentre tutto il personale sarà, comunque, coinvolto in percorsi formativi in materia di etica e di legalità, con particolare riguardo alle regole iscritte nel Codice di comportamento approvato dal CND.
Un ciclo di formazione volto a favorire comportamenti ispirati ai principi etici della legalità, della lealtà e della correttezza, e che contribuisca efficacemente a fare crescere la cultura della legalità, non potrà prescindere dalla piena conoscenza da parte del personale delle disposizioni previste nel Codice di comportamento nonché nel presente PTPCT e dei documenti (regolamenti, procedure, protocolli, ecc.) approvati e in vigore.
- Obblighi di informazione
La legge n. 190/2012 all’art. 1, comma 9, lettera c), impone uno specifico obbligo di informazione, per il personale addetto alle attività a rischio corruzione, nei confronti del RPCT, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del presente PTPCT.
I componenti del Consiglio:
- concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti;
- forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per l’individuazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo;
- provvedono al monitoraggio delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione svolte nell’articolazione organizzativa cui sono preposti.
La mancata risposta alle richieste di contatto e di informativa del RPCT da parte dei soggetti obbligati, in base alle disposizioni del PTPCT e del Codice di comportamento, è suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente.
- Modalità di aggiornamento del PTPCT
Ai sensi della legge n. 190/2012 (art. 1, comma 8), l’aggiornamento del PTPCT dovrà essere adottato entro il 31 gennaio di ciascun anno e comunicato all’ANAC, secondo le modalità già declinate nel presente Piano.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, il RPCT pubblica nel sito web del CND di Terni una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema definito dall’ANAC.
Piano triennale di prevenzione della corruzione
Sezione I
Trasparenza
Premessa
Il d.lgs. n. 97/2016, nel modificare la legge n. 190/2012 e il d.lgs. n. 33/2013, ha soppresso l’obbligo di adottare uno specifico “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, pur prevedendo la necessità di indicare in un'apposita sezione del PTPCT, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi della normativa vigente.
L’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 definisce il principio generale di trasparenza “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Ancora: “La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla Nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
A seguito dell’applicazione dal 25 maggio 2018 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati)» (si seguito RGPD) e, dell’entrata in vigore, il 19 settembre 2018, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 che adegua il Codice in materia di protezione dei dati personali - decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 – alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, si è posto il problema di verificare la compatibilità della nuova disciplina con gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 33/2013.
A tal proposito la delibera ANAC n. 1074 del 2018 chiarisce che «l’art. 2-ter del d.lgs. 196/2003, introdotto dal d.lgs. 101/2018, in continuità con il previgente articolo 19 del Codice, dispone al comma 1 che la base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lett. b) del Regolamento (UE) 2016/679, «è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento». Inoltre il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1». Il regime normativo per il trattamento di dati personali da parte dei soggetti pubblici è, quindi, rimasto sostanzialmente inalterato essendo confermato il principio che esso è consentito unicamente se ammesso da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Pertanto, fermo restando il valore riconosciuto alla trasparenza, che concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione (art. 1, d.lgs. 33/2013), occorre che le pubbliche amministrazioni, prima di mettere a disposizione sui propri siti web istituzionali dati e documenti (in forma integrale o per estratto, ivi compresi gli allegati) contenenti dati personali, verifichino che la disciplina in materia di trasparenza contenuta nel d.lgs. 33/2013 o in altre normative, anche di settore, preveda l’obbligo di pubblicazione».
L’ANAC ha altresì precisato che «l’attività di pubblicazione dei dati sui siti web per finalità di trasparenza, anche se effettuata in presenza di idoneo presupposto normativo, deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali contenuti all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, quali quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza tenendo anche conto del principio di “responsabilizzazione” del titolare del trattamento. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d). […] In generale, in relazione alle cautele da adottare per il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali nell’attività di pubblicazione sui siti istituzionali per finalità di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, si rinvia alle più specifiche indicazioni fornite dal Garante per la protezione dei dati personali. Si ricorda inoltre che, in ogni caso, ai sensi della normativa europea, il Responsabile della Protezione dei Dati-RPD svolge specifici compiti, anche di supporto, per tutta l’amministrazione essendo chiamato a informare, fornire consulenza e sorvegliare in relazione al rispetto degli obblighi derivanti della normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 39 del RGPD)».
Attraverso la sezione del PTPCT dedicata alla trasparenza il CND di Terni intende promuovere una sempre maggiore consapevolezza del rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità da parte degli operatori interni e, attraverso l'adempimento degli obblighi di trasparenza, consentire a tutti gli stakeholders di verificare che i fini istituzionali dell’ente siano perseguiti nel pieno rispetto della normativa e attraverso una gestione ottimale delle risorse sia economiche, sia umane.
- Il responsabile per la trasparenza e l’integrità (RTI)
Il RPCT svolge anche le funzioni del responsabile per la trasparenza e l’integrità. Esso svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell’Ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando al Consiglio e all'Autorità nazionale anticorruzione, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Il RPCT provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il complessivo PTPCT.
I dirigenti del CND, ove previsti, e i referenti dei settori, ove individuati, garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
Il RPCT controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal d.lgs. n. 33/2013.
Con riferimento alle procedure di affidamento di lavori e di approvvigionamento di beni e servizi, il RPCT verifica la pubblicazione nel sito web istituzionale di quanto previsto dall’art. 37 del d. lgs. n. 33/2013 e dall’art. 29 del d.lgs. n. 50/2016.
Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, devono essere pubblicate in tabelle riassuntive, redatte dagli uffici competenti per ciascun appalto e rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici (cfr. art. 1, comma 32 della legge n. 190/2012).
Il RPCT controlla che tali informazioni siano trasmesse in formato digitale all’ANAC per gli adempimenti di legge e garantisce il rispetto delle indicazioni fornite dall'Autorità con proprie deliberazioni in merito alle informazioni da trasmettere e alle relative modalità di trasmissione.
Il Responsabile dell’Anagrafe per la Stazione Appaltante (RASA) incaricato della compilazione ed aggiornamento dell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) per il CND è il Presidente del Consiglio Notarile Distrettuale.
Il RPCT riceve le richieste di accesso civico ai sensi articolo 5, d.lgs. n. 33/2013 e controlla e assicura la regolare fruizione di tale strumento. Nel caso siano presentate richieste di riesame al rigetto di istanze di accesso civico generalizzato, queste sono di competenze del RPCT.
I componenti del Consiglio Notarile costituiscono la “rete dei referenti per la trasparenza” e garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni di propria competenza da pubblicare, ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.
- Compiti del Consiglio
Il Consiglio, ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013, verifica la coerenza degli obiettivi e delle misure previste nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità e redige l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. In caso di verifiche d’iniziativa o di segnalazioni che conducano all’accertamento della violazione di un obbligo di pubblicazione, il Consiglio ne dà immediata comunicazione all’ANAC, per l’avvio di eventuali procedimenti disciplinari e/o sanzionatori.
- Processo di attuazione degli obiettivi di trasparenza
Il conseguimento degli obiettivi di trasparenza non può prescindere dal coinvolgimento completo e trasversale degli organi e degli addetti agli uffici del CND di Terni.
Ogni destinatario del PTPCT (completo della sua sezione dedicata alla trasparenza) è tenuto, quindi, a contribuire a questo obiettivo anche attraverso segnalazioni e suggerimenti.
I responsabili della trasmissione, della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati, ove possibile, di concerto tra il RPCT ed il Consiglio. I membri del Consiglio saranno gli interlocutori del RPCT sia in fase di assolvimento degli obblighi di trasparenza, sia nella successiva fase del monitoraggio.
I soggetti individuati dal Consiglio, su proposta del RPCT, assumono il ruolo di Referenti interni per la trasparenza e, in quanto tali, sono responsabili per il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto degli adempimenti stabiliti dalla legge.
Il RPCT svolge le funzioni di coordinamento e il monitoraggio delle attività dei Referenti interni per la trasparenza, ove individuati, attraverso le seguenti modalità:
- tempestiva comunicazione degli adempimenti, delle scadenze e delle modalità operative individuate per la pubblicazione;
- organizzazione di riunioni periodiche finalizzate al monitoraggio dell’avanzamento delle attività;
- coordinamento e supervisione di gruppi di lavoro ove costituiti.
- La sezione “Amministrazione trasparente”
Il sito web istituzionale del CND è www.consiglionotarileterni.it.
All’interno di esso è pubblicata la sezione “Amministrazione trasparente”, in cui sono assolti gli obblighi di pubblicazione di cui alla legge n. 190/2012, d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 39/2013.
La sezione “Amministrazione trasparente” contiene i dati e le informazioni che il CND è tenuta a pubblicare ai sensi della normativa vigente, come indicati nell’ Allegato -A- del d.lgs. n. 33/2103.
- Qualità dei dati e delle informazioni soggette ad obbligo di pubblicazione
I documenti contenenti informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati e mantenuti aggiornati come previsto dalla legge n. 190/2012, dal d.lgs. n. 33/2013 e dagli altri atti normativi che dispongono in tal senso.
Le informazioni riportate nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web www.consiglionotarileterni.it rispondono ai requisiti di integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività di pubblicazione, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, nonché della conformità ai documenti originali in possesso dell’ente.
- Categorie dei dati da pubblicare e articolazioni organizzative interne responsabili
Denominazione
sotto-sezione 1 livello
|
Denominazione
sotto-sezione 2 livello
|
Disposizioni del d.lgs. n. 33/2013
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Struttura referente
|
Disposizioni generali
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Programma per la Trasparenza e l'integrità
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Art. 10, c. 8, lett. a
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RPC/RTI che ne cura la redazione aggiornamento e pubblicazione
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Atti generali
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Art. 12, c. 1,2
|
CND, che cura la pubblicazione nel link apposito del prorpio sito istituzionale della normativa generale
|
Oneri informativi per cittadini e imprese
|
Art. 34, c. 1,2
|
Segreteria, RPC/RTI, Consiglio
|
Organizzazione
|
Organi di indirizzo politico-amministrativo
|
Art. 13, c. 1, lett. a
|
CND
|
Art. 14
|
CND ([1])
|
Sanzioni per mancata comunicazione dei dati
|
Art. 47
|
CND, che cura anche la pubblicazione nel sito dell’eventuale sanzione
|
Articolazione degli uffici
|
Art. 13, c. 1, lett. b, c
|
RPC/RTI
|
Telefono e posta elettronica
|
Art. 13, c. 1, lett. d
|
RPC/RTI
|
Consulenti e collaboratori
|
|
Art. 15, c. 1,2
|
RPC/RTI
|
Personale
|
Incarichi amministrativi di vertice
|
Art. 15, c. 1,2
|
RPC/RTI
|
Art. 41, c. 2, 3
|
RPC/RTI
|
Dirigenti
|
Art. 10, c. 8, lett. d
|
RPC/RTI
|
Art. 15, c. 1,2,5
|
RPC/RTI
|
Art. 41, c. 2, 3
|
RPC/RTI
|
Posizioni organizzative
|
Art. 10, c. 8, lett. d
|
CND
|
Dotazione organica
|
Art. 16, c. 1,2
|
CND
|
Personale non a tempo indeterminato
|
Art. 17, c. 1,2
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Tassi di assenza
|
Art. 16, c. 3
|
RPC/RTI
|
Incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti
|
Art. 18, c. 1
|
CND
|
Contrattazione collettiva
|
Art. 21, c. 1
|
CND e delega al Presidente
|
Contrattazione integrativa
|
Art. 21, c. 2
|
CND e delega al Presidente
|
OIV (Collegio dei Revisori dei Conti)
|
Art. 10, c. 8, lett. c
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Bandi di concorso
|
|
Art. 19
|
CND e delega al Presidente
|
Performance
|
Piano della Performance
|
Art. 10, c. 8, lett. b
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Relazione sulla Performance
|
Art. 10, c. 8, lett. b
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Ammontare complessivo dei premi
|
Art. 20, c. 1
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Dati relativi ai premi
|
Art. 20, c. 2
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Benessere organizzativo
|
Art. 20, c. 3
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE ([2])
|
Enti controllati
|
Enti pubblici vigilati
|
Art. 22, c. 1, lett. a
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Art. 22, c. 2, 3
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Società partecipate
|
Art. 22, c. 1, lett. b
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Art. 22, c. 2, 3
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Enti di diritto privato controllati
|
Art. 22, c. 1, lett. c
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Art. 22, c. 2, 3
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Rappresentazione grafica
|
Art. 22, c. 1, lett. d
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Attività e procedimenti
|
Dati aggregati attività amministrativa
|
Art. 24, c. 1
|
RPC/RTI
|
Tipologie di procedimento
|
Art. 35, c. 1,2
|
RPC/RTI ([3])
|
Monitoraggio tempi procedimentali
|
Art. 24, c. 2
|
RPC/RTI
|
Dichiarazioni sostitutive e acquisizione d'ufficio dei dati
|
Art. 35, c. 3
|
AL MOMENTO NON IMPLEMENTABILE
|
Provvedimenti
|
Provvedimenti organi indirizzo politico
|
Art. 23
|
CND
|
Provvedimenti dirigenti
|
Art. 23
|
CND
|
Bandi di gara e contratti
|
|
Art. 37, c. 1,2
|
CND
|
Bilanci
|
Bilancio preventivo e consuntivo
|
Art. 29, c. 1
|
CND
|
Beni immobili e gestione patrimonio
|
Patrimonio immobiliare
|
Art. 30
|
CND
|
Canoni di locazione o affitto
|
Art. 30
|
CND
|
Pagamenti dell'amministrazione
|
Indicatore di tempestività dei pagamenti
|
Art. 33
|
RPC/RTI
|
IBAN e pagamenti informatici
|
Art. 36
|
RPC/RTI
|
Altri contenuti
|
|
Art. 10, c. 8, lett. a
|
RPC/RTI
|
- Accesso civico
L’art. 5 del d.lgs. 33/2013, modificato dall’art. 6 del d.lgs. 97/2016, riconosce a chiunque:
- il diritto di richiedere alle Amministrazioni documenti, informazioni o dati per i quali è prevista la pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui gli stessi non siano stati pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale (accesso civico “semplice”);
- il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del d.lgs. 33/2013, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis (accesso civico “generalizzato”).
Per quest’ultimo tipo di accesso l’ANAC ha adottato apposite Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013 (Delibera ANAC n. 1309/2016).
Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione normativamente previsti, il legislatore ha confermato l’istituto dell’accesso civico “semplice” volto ad ottenere la corretta pubblicazione dei dati rilevanti ex lege, da pubblicare all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”.
7.1. Le istanze di accesso civico “semplice”
L’istanza di accesso civico “semplice” va presentata al RPCT, il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.
Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’ANAC ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90. Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.
A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fin della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
7.1.1. Come esercitare il diritto
La richiesta è gratuita, non deve essere motivata e può essere presentata:
- tramite posta elettronica al RPCT mediante l’invio di un messaggio di posta elettronica all’indirizzo: rcp-terni@notariato.it. Nel messaggio devono essere indicati i dati, le informazioni, i documenti soggetti ad obbligo di pubblicazione, per i quali si chiede l’accesso civico, nonché le generalità del richiedente e un indirizzo postale o di posta elettronica dove poter fornire riscontro alla richiesta;
- invio di posta ordinaria, contenente di dati di cui al punto sub 1), all’indirizzo Consiglio Notarile di Terni, c.a. RPCT, Piazza del Mercato Nuovo n. 50, 05100, Terni .
Il RPCT provvede entro 30 giorni a pubblicare nel sito istituzionale del CND di Terni il documento, l’informazione o il dato richiesto. Contestualmente, comunica al richiedente l’avvenuta pubblicazione, indicando il relativo collegamento. Se, invece, quanto richiesto risulti già pubblicato, ne dà comunicazione al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale.
Nel caso di ritardata o omessa pubblicazione ovvero di mancata risposta alla richiesta di accesso civico, decorsi trenta giorni, l’istante può richiedere l’esercizio del potere sostitutivo al Consiglio, attraverso la seguente modalità:
-invio di un messaggio di posta elettronica all’indirizzo rcp-terni@notariato.it Nel messaggio devono essere indicati i dati, le informazioni o i documenti soggetti ad obbligo di pubblicazione, per i quali si era richiesto l’accesso civico e la data nella quale si era presentata l’istanza, nonché le generalità del richiedente e un indirizzo postale o di posta elettronica dove poter fornire riscontro alla richiesta;
-invio di posta ordinaria, contenente di dati di cui al punto sub a), all’indirizzo Consiglio Notarile di Terni, Piazza del Mercato Nuovo n. 50, 05100, Terni .
Il titolare del potere sostitutivo, dopo aver verificato la sussistenza dell’obbligo, provvede, nei termini di cui all’art. 2, comma 9 ter della legge n. 241/1990, alla pubblicazione sul sito web istituzionale del CND di Terni di quanto richiesto e, contemporaneamente, ne dà comunicazione al richiedente, indicando il relativo collegamento ipertestuale.
7.2. L’accesso civico “generalizzato”
Le istanze di accesso civico "generalizzato" possono essere indirizzate:
- alla segreteria del CND di Terni, con nota scritta firmata e fotocopia del documento d’identità in corso di validità del richiedente da spedire all’indirizzo Consiglio Notarile di Terni, Piazza del Mercato Nuovo n. 50, 05100, Terni oppure con PEC all’indirizzo terni@postacertificata.notariato.it.
Per le istanze di cui sopra può essere utilizzato l’apposito modulo scaricabile dal sito del CND di Terni sezione “Amministrazione trasparente” / sotto-sezione “Accesso civico”.
È necessario che l’istante indichi con precisione i dati e/o i documenti ai quali accedere, al fine di consentire agli uffici del CND di dare corso alla richiesta. Gli uffici interessati del CND collaborano con l’istante all’eventuale, corretta individuazione dei dati e/o documenti richiesti, ove ciò non risulti eccessivamente oneroso in termini organizzativi e/o funzionali.
La Segreteria del CND trasmette l’istanza di accesso civico “generalizzato” al Consiglio tempestivamente e, comunque, non oltre entro 7 giorni dalla ricezione della stessa.
Il Consiglio, entro 30 giorni dalla data di ricezione dell’istanza da parte del CNN, comunica all’interessato, con provvedimento motivato, l’accettazione dell’istanza o il suo rigetto. Se vi è stata la necessità di coinvolgere contro interessati, i termini possono essere sospesi sino ad un massimo di 10 giorni. In caso d accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l'opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, il Consiglio ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del contro interessato, informando il RPCT.
Nei casi di rigetto totale o parziale dell'istanza di accesso civico generalizzato o di mancata risposta entro i termini di cui sopra, il richiedente può presentare richiesta di riesame al RPCT, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
Se l'accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi pubblici o privati di cui all'articolo 5- bis, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 33/2013, il RPCT provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l'adozione del provvedimento da parte del RPCT è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione del Consiglio o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del RPCT, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
L’accesso civico è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (procedimenti tributari, per i quali restano ferme l particolari norme che li regolano; attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i qual restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi) – c.d. “eccezioni assolute”.
L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
- la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;
- la sicurezza nazionale;
- la difesa e le questioni militari;
- le relazioni internazionali;
- la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
- la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
- il regolare svolgimento di attività ispettive.
L'accesso civico è, altresì, rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
- la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
- la libertà e la segretezza della corrispondenza;
- gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.
I pregiudizi concreti da valutare, ai predetti interessi pubblici e privati (art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 33/2013) costituiscono le c.d. “eccezioni relative o qualificate”.
Il Consiglio è tenuto a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se la messa a disposizione degli atti o dei documenti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore.
Affinché l’accesso possa essere rifiutato, come chiarito dall’ANAC nella delibera n. 1309/2016, il pregiudizio agli interessi riconducibili alle c.d. “eccezioni relative” deve essere concreto quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Il Consiglio non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:
- indicare chiaramente quale – tra gli interessi elencati all’art. 5-bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n.
- 33/2013– viene pregiudicato;
- valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla messa a disposizione del dato, dell’informazione o del documento richiesto;
- valutare se il pregiudizio conseguente alla predetta ostensione è un evento altamente probabile, e non soltanto possibile.
Sono, comunque, rigettate le istanze di accesso civico generalizzato massive o ripetute che si sostanziano in un abuso del diritto, nei termini evidenziati dalla recente giurisprudenza.
ALLEGATI
ALLEGATO “A”
Mappatura dei processi del CND, identificazione, valutazione e trattamento dei rischi
ALLEGATO “B”
Catalogo ponderato dei rischi
[1] ([1]) Stante la natura del tutto gratuita della carica e l’esclusione di rimborsi spese, i redditi derivanti dalla attività professionale dei componenti del CND sarà comunicata solo al CNN non avendo rilevanza esterna e diretta ai sensi dell’art. 14.
[2] ([2]) Da valutare all’esito del primo triennio da parte del CND previa predisposizione di adeguato questionario.
[3] [3] Previa predisposizione dei necessari regolamenti.